L’intervistato di quest’oggi ci fa attendere in una sala
d’attesa piuttosto raffinata, la bella piscina del Circolo Canottieri Lazio, sul
Tevere, e pazientiamo con piacere. Al suo arrivo ci appare piuttosto informale,
t-shirt rigorosamente celeste e capelli bagnati.
Antonio Buccioni è un personaggio dalle multiformi esperienze e come tale prevedevamo che avesse molte cose da raccontare. Ma non immaginavamo di sicuro quello che ci avrebbe rivelato alla fine. Procediamo con ordine, però… Libernews: Buongiorno! Com’è prassi di ogni buona intervista, dobbiamo introdurla! Cosa direbbe Antonio Buccioni se dovesse presentarsi da solo? Antonio Buccioni: Guardi, credo di non saperlo nemmeno io: ho attraversato molte tappe della nostra generazione e l’ho fatto con la fortuna di occupare ruoli preponderanti in diversi settori, legati allo spettacolo e allo sport. L: Sport e spettacolo, quindi? AB: Sì, anche se, accontentata mia madre con una laurea con lode in legge, dovetti darle subito un dispiacere, perché occuparmi delle beghe della gente non era proprio la mia missione… L: Quindi, come avvocato, nemmeno incominciò? AB: Praticamente no. E la mia partenza, avendo le giostre dell’EUR e stando già nella Lazio, più che fortunata fu addirittura privilegiata… L: Noi la conosciamo come presidente generale della Lazio, presidente dell’Ente nazionale Circhi (componente dell’Agis, di cui è stato vicepresidente) e un’infinità di altre cariche e titoli… AB: E… senatore del Regno! L: La monarchia? Era da tempo che non sentivamo parlare dell’Unità monarchica del nostro paese, salvo che per le prestazioni artistiche del principe Emanuele Filiberto… AB: Eh, lasciamo stare… Il principe, che per me comunque avrebbe meritato di vincere Sanremo, è stato condannato all’esilio per più di trent’anni pur non avendo commesso alcun reato… L: Forse è meglio tornare a sport e spettacolo. Che connessioni trova tra queste diverse esternazioni della natura umana? AB: Sport e spettacolo nel mio caso hanno tra loro un parallelismo che sarebbe difficile per un osservatore superficiale cogliere, perché io dirigo sostanzialmente due confederazioni ad “ampia copertura”: la Lazio, differentemente da altre società sportive che si occupano solo di calcio, raccoglie tutte le discipline sportive come pallanuoto, rugby, polo e tante altre, e l’Agis, a sua volta, differentemente dalle altre confederazioni, come l’Anica, che si occupano solo di cinema, copre, oltre quello, tutte le attività di prosa, tutta la musica, lirica, concertistica, sinfonica, popolare e poi la danza, i circhi, le giostre. L: E fra tutte queste attività qual è quella che ha più a cuore? AB: Beh, se guardo i risultati, la Lazio è il mio capolavoro. L: La Lazio calcio? AB: No, la Lazio in generale. Quando mi sono affacciato nel pianeta Lazio, parlo del 1981, la Lazio era in una specie di coma profondo proprio come entità multidisciplinare. Continuava a esistere una Lazio Calcio, una Lazio Nuoto gloriosissima, continuava ad esistere il Circolo Canottieri Lazio, c'erano dieci entità allora. L: E la presidenza, quando è arrivata? AB: La Lazio la presiedo dal 2006, di fatto quando venne a mancare il mio maestro, l’Ing. Nostini, cui sono succeduto. Con Renzo Nostini parliamo di un grande campione sportivo, sette volte campione del mondo di scherma, campione italiano di nuoto, giocatore di rugby di serie A e poi due volte vice presidente del Coni. Oggi le sezioni della Lazio da dieci sono diventate sessanta. La nostra è una famiglia enorme che ha l'orgoglio di far praticare sport agonistico e no a diecimila ragazzi e ragazze romani. L: La Lazio calcio la conosciamo tutti. Le altre attività sportive quali sono? AB: Scherma, calcio femminile, calcio a 5, dove quest’anno abbiamo vinto lo scudetto femminile, e a 8, pallanuoto, pallamano, rugby, dove abbiamo dovuto purtroppo supplire anche il rugby Roma, scomparso pochi anni fa, football americano, polo, squash, atletica leggera. L: Tutto bene, quindi? AB: Purtroppo no. La crisi ha investito anche noi. L'angoscia e la preoccupazione più grande è vedere come siamo in preda a un provincialismo culturale. Mi spiego meglio, c'è un grande abisso a livello culturale e socio culturale tra il calcio post professionistico, come dobbiamo definirlo adesso, e tutto il resto del movimento sportivo, che è sintomatico di una società arretrata e di una classe dirigente assolutamente inadeguata. Questo, inoltre, per certi aspetti lo ritrovo anche nel mondo dello spettacolo, dove c’imbattiamo nelle stesse differenze. E anche qua lo riscontriamo nella maniera più desolante, parametrandoci con quelle che dovrebbero essere le aree culturali più vicine alla nostra: Spagna, Francia, Germania, Svizzera, Austria, vorresti specchiarti in quelle culture. Ora cosa avviene? Nel mondo dello sport non è che il calcio in quei paesi non abbia la leadership, però il rapporto fra questi sport, messo sulla bilancia, rimane ancora in termini decenti mentre in Italia basta guardare un quotidiano prestigioso come il Corriere dello Sport degli anni fino ai ’70, rispetto ad oggi. Prima la proporzione era rispettata, oggi è mortificante per una società che voglia definirsi civile. L: E nello spettacolo? AB: Del mondo dello spettacolo ritrovi tutte queste stesse cose anche quando ti occupi del mio mondo che è il mondo del circo. L: Che rapporto c’è fra Lazio calcio e Lazio generale? AB: Per dare un’idea dirò che Lazio calcio è come un figlio della famiglia di Lazio generale che è diventato presidente degli Stati Uniti d’America: si fa vedere a Natale ma in sostanza ha altro da fare. L: Vale il concetto anche per l’Agis? AB: In un certo senso sì: nell’Agis l’esercizio cinematografico è quel servizio di eccezionale spessore imprenditoriale che ha comprato i palazzi di Via di Villa Patrizi e ha sostenuto l’intera baracca per decenni. L: Se dovesse spiegare a un giovane l’importanza dell’ Agis? AB: L' Agis ha cercato di far comprendere ai pubblici poteri l'importanza strategica e sostanziale dello spettacolo italiano. E l'ha fatto più o meno da sola scontrandosi con un provincialismo della classe politica che riassumo ancora con un aneddoto: nelle elezioni presidenziali francesi di due anni fa tanto il programma di Hollande quanto quello di Sarkozy avevano un paragrafo destinato al circo, inteso come patrimonio culturale della nazione, da valorizzare sia nella versione tradizionale sia in quella contemporanea. Se lei va a reperire tutte le dichiarazioni programmatiche dei nostri presidenti del Consiglio che si sono succeduti da De Gasperi, nel 1946, a Renzi oggi, non troverà mai la parola spettacolo e raramente la parola cultura. Quindi l'Agis è servita a significare che esiste questo mondo, che oltretutto nel panorama mondiale ha espresso Giuseppe Verdi come Puccini come Rossini, ha espresso Rossellini come Visconti come Fellini, ha espresso Pirandello come De Filippo, che altro posso dire, i Togni come gli Orfei. Questa è una situazione letteralmente paradossale e qui l'AGIS ha trovato due grandi momenti di coronamento, il primo negli anni 60, con i governi presieduti da Aldo Moro e con un ministro turismo e spettacolo che si chiamava Achille Corona ed è stato il legislatore dello spettacolo. Quindi abbiamo avuto una stagione felicissima che ha prodotto le leggi dedicate per il cinema, quella organica 1213, per la musica, la 800, per i circhi, la 337. In quella legislatura mancò solo quella per la prosa ma questo è dovuto anche al fatto che la prosa ha sempre avuto delle articolazioni interne che non hanno mai favorito la sintesi. L: Cinema, giostre e circhi sono nati insieme nell’AGIS o c’è chi ha preceduto l’altro? AB: No no proprio dalla fondazione del 1948 l’AGIS nasce come cinema, giostre e circhi. Proseguendo nella storia devo dare atto che, dopo Corona, fu Lagorio che nel 1985, forte dell’appoggio congiunto Craxi-Andreotti, varò la 163, che fu la legge madre sullo spettacolo che prevedeva adeguamenti triennali dallo stato anche se nella realtà fu operato solo il primo. In tutto questo, da un punto di vista costituzionale c'è anche da dire un'altra cosa, cioè che è stato uno scempio, a mio modesto avviso, il referendum abrogativo del ministero turismo e spettacolo del ’93 dove, accettato come da tanti somari, perché sappiamo che gli italiani vanno appresso alle mode. In seguito, siamo passati, ma solo per modo di dire, dall’essere un dipartimento della Presidenza del Consiglio fino al sogno veltroniano del mega Ministero della Cultura quale oggi è il MiBAC, dove però le attività culturali sono sempre state considerate la ruota di scorta. Per esempio la legge del ‘68 sui circhi e sugli spettacoli viaggianti, che è tutt’ora in vigore, oltre a riconoscere una funzione sociale a questi settori, in quanto ricreativa, culturale e pedagogica, prevedeva di ottenere per ciascun comune d'Italia una piazza degna di questo nome. L: E non è così? AB: Non lo è non solo per i paesini di 400 abitanti ma addirittura per Roma, per Firenze, Napoli, Bologna, Milano e quindi ci si è dovuti arrabattare con iniziative locali. L: E i parchi giochi, i luna park? AB: Sicuramente i parchi di prima generazione sono venuti meno uno dopo l'altro, il primo Idroscalo a Milano, le Varesine di Milano, Edenlandia a Napoli e Luneur Roma avevano problemi connaturati col loro momento genetico ovvero non erano parchi di proprietà ma agglomerazioni di piccole imprese. L: Lei pensa che in mancanza di queste conflittualità interne si sarebbero potuti salvare? AB: Beh, accanto a questo c'è stata l'invasione dei grandi gruppi dallo strapotere politico… L: Non sarà dipeso dal cambiamento della società, come successo in altri settori, tipo i centri commerciali? AB: Questo è da vedere nei risultati economici, bisogna capire di cosa parliamo… L: Ma cosa pensa lei, Buccioni, di questa trasformazione attuale della società che sta comportando così tante novità e non sempre belle? AB: Guardi io faccio completamente mia una delle fondamentali lezioni che ha tentato di offrire a questo paese Pier Paolo Pasolini, quando sosteneva che noi siamo andati incontro a uno sviluppo al quale non solo non è corrisposto un progresso ma addirittura si è evidenziato un regresso totale. Per capirci, il “divertimentificio” è la risposta a una mancanza di cultura di base. Tant'è vero che è stato inventato nell'America del Nord. L: Questo avviene un po’ in tutti i settori… AB: Esatto, per esempio col Cirque du Soleil, che non è un’entità singola ma un insieme di realtà dello spettacolo strafinanziate a monte dallo Stato canadese del Québec, che insieme al circuito del Ringling Bros.-Barnum & Bailey è la più grossa organizzatrice di spettacoli mondiale sia in sede stabile sia itinerante, Hawk è ferma a Las Vegas… L: Ma hanno lasciato spazio al circo tradizionale? AB: Assolutamente sì! Perché sono realtà differenziate dall’uso collegato della musica, della danza, della prosa e anche del circo. Quelli è riduttivo chiamarli spettacoli circensi. In tutti i casi, il calore che mi può dare anche una brava coppia di artisti di strada o un bravo burattinaio, a mio piccolo parere supera di tanto le prestazioni del Cirque du Soleil, dove non trovo il cuore. L: Se di tutte queste attività di cui abbiamo parlato lei dovesse sceglierne una sola quale sarebbe? AB: La domanda dà una scissione molto chiara e sincera, perché da un punto di vista emotivo la Lazio è il mio capolavoro, le altre cose sarebbero andate avanti anche senza la mia persona. In particolare intendo questa Lazio come universo delle discipline sportive, questa è una risposta dal punto di vista oggettivo. Da un punto di vista personalissimo e soggettivo se incontrassi, diciamo, la carovana giusta, tra lo stupore di chi mi conosce bene, perché io amo talmente Roma che anche se arrivo a Grottaferrata mi sento all'estero, se trovassi la carovana giusta, e la carovana giusta esiste, potrei partire con quella carovana… Solo che dentro la carovana giusta ci dovrebbe stare la persona giusta! L: Mi perdoni ma non sono sicuro di aver capito bene… AB: La persona è una signora, una donna, una signorina... L: Sono imbarazzato ma ancora non ho colto il senso. Per carovana lei intende… AB: C’è una donna, per la quale io lascerei tutto… Esiste, materialmente… L: Lei non è sposato, non ha figli? AB: No no! Sono tecnicamente un single! E c’è una signora con la quale m’imbarcherei per dove vuole lei… L: E’ una signora reale… c’è, insomma? AB: Sì e se solo lei lo volesse sarei pronto a imbarcarmi… forse farei giusto una festa di saluto! Ma tra lo stupore generale di una città, potrei farlo! L: Magari quando questa donna leggerà quest’intervista rimarrà piacevolmente colpita da una dichiarazione così impegnativa… AB: Per me sarebbe toccare il cielo con un dito, stare con lei, se fosse al Polo Nord o in Africa per me è assolutamente indifferente. L: Forse se leggesse quest’autentica dichiarazione resterebbe… come resterebbe? AB: Non credo che… C’è troppa… lasciamo stare! Antonio Buccioni si interrompe. Il personaggio che ci ha appena impressionati per la sua vita piena di esperienze, ci ha confessato con candore il suo personale e umano secretus. E’ contento di averlo fatto e la cosa ci piace. Un uomo di successo è comunque un uomo e come tale sa mettere tutto in gioco quando sente che ne vale la pena. Oppure quando lo sente e basta. Cherchez la femme, ancora una volta. Ci piacerebbe sotto sotto conoscere questa “dama misteriosa”. Il piacere sottile, che ben conosciamo, di raggiungere quello che per noi è “infinito“, e farlo proprio, vale ancor di più quando si è in gamba. E noi abbiamo parlato con un uomo incredibilmente in gamba e la sua rivelazione finale, specialmente per la spontaneità con cui ce l’ha confidata, ci ha rinforzato l’impressione. Vorremmo dire: “Anelata signorina, non perda l’occasione, secondo noi può partire tranquilla…” |
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