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I "Segreti" della cappella di Notre Dame du Haut

Intervista a Luca Ribichini, autore di "Recondite armonie a Ronchamp"


di Giampiero Mazza

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Le Corbusier, il più grande architetto razionalista del Novecento, ateo dichiarato, che progetta e costruisce in Francia, subito dopo la fine della II Guerra Mondiale, la cappella di “Notra Dame du Haut” a Ronchamp, non lontano dal confine con Svizzera e Germania. La pianta di questa chiesa che ricalca l’immagine di un orecchio umano e di una campana. Tanti altri particolari della cappella che, correlati tra loro, conducono a un secondo e sorprendente livello di lettura dell’opera.
Sono questi i tratti salienti del nuovo libro di Luca Ribichini, “Recondite armonie a Ronchamp. Tutta un’altra storia generativa. Ipotesi di un ascolto” (Gangemi editore). Lo stesso autore, oggi professore associato presso la facoltà di Architettura della Sapienza di Roma,  poco più di cinque anni fa aveva scoperto, in “Il volto e l’architetto”, come la pianta architettonica di Ville Savoye, altra grande opera di Le Corbusier, celasse al suo interno l’immagine di un volto umano.

Architetto, perché di nuovo Le Corbusier, cosa la attrae di questo grande esponente del razionalismo del XX secolo?

A Le Corbusier per il primo libro sono arrivato per pura casualità e sono riuscito a dimostrare le assonanze esistenti tra il volto umano e la pianta architettonica di Ville Savoye. In seguito, ho continuato a studiare le opere di Le Corbusier sotto questo punto di vista perché mi sembrava strano che uno dei più grandi architetti del Novecento, forse il più importante, che ha influenzato generazioni di colleghi e studiosi della materia, avesse collocato in una sua sola realizzazione, appunto Ville Savoye, questi richiami al volto umano e quindi a un secondo piano di lettura della sua opera. O si trattava di un evento unico nel suo genere, quasi una bizzarria, o in alternativa poteva trattarsi di un modo di procedere voluto, con l’intenzione di collegare l’essere umano, come momento di bellezza e di perfezione, alla sua architettura. Da questa mia analisi esce un’immagine diversa di Le Corbusier, che è sempre stato considerato un razionalista, un funzionalista, molto preciso, attento all’utilità di ciò che progettava. Evidentemente, a mio modesto giudizio, esisteva invece in lui una parte interiore che desiderava porre una sorta di “anima” all’interno delle sue opere, rappresentata dal corpo dell’uomo, dalle sue singole parti, tracciate secondo il Modulor, ovvero un suo personalissimo modello di disegno in cui le misure erano proporzionate alle parti del corpo umano; attraverso questo modello poi Le Corbusier costruiva oggetti come le sedie, gli sgabelli, gli armadi, fino ad arrivare agli edifici più grandi.

L’uomo, quindi, era al centro del progetto del più grande architetto funzionalista?

Si, almeno in alcune opere in età avanzata, dimostrando così che in fondo lo scopo principale dell’architettura era quello di essere utile all’uomo e che quindi le misure fondamentali dovevano essere a lui collegate. Il metro, in effetti, è una misura astratta, mentre nel periodo classico le misure erano tutte legate all’uomo, il palmo, il braccio, il piede. Sarà soltanto con la Rivoluzione Francese che tutto questo verrà azzerato creando un sistema asettico e distante dall’essere umano.

In questa scelta non c’era una contraddizione con il suo passato?

Sì, è come se alla fine della sua vita, inserendo un volto nella pianta di una villa e un orecchio nella pianta di una chiesa, con evidenti riferimenti all’ascolto e alla preghiera in quest’ultimo caso, abbia voluto comunicare significati simbolici “nascosti” a chi era in grado di intendere.

La Cappella di Ronchamp viene terminata da Le Corbusier nel 1955, a poco meno di settant’anni. In questa opera potrebbe celarsi anche un percorso di riavvicinamento al Divino?

Certamente, nella parte finale della sua esistenza ha avuto maggiore attenzione per il concetto di “ascolto”. Nella progettazione di questa cappella, avvenuta subito dopo la fine della II Guerra Mondiale, come negli scritti e nelle dichiarazioni di quegli anni, pone una sempre crescente attenzione al problema dell’ascolto e dell’udito, privilegiando anche in opere successive alla cappella di Ronchamp questo senso a quello della vista, di solito fondamentale per un architetto. Alla cappella di Ronchamp disse di esserci arrivato “tramite l’ascolto”.

Le Corbusier era credente?

No, nella maniera più assoluta, era ateo e veniva da una educazione anticlericale e anticattolica, nacque infatti in Svizzera in un ambiente protestante e calvinista. Di questo si è sempre vantato. Ma aveva nello stesso tempo un forte senso del sacro, del mistico, arrivando ad affermare, cosa strana per un funzionalista, che “la costruzione è fatta per stare in piedi, l’architettura è fatta per emozionare”, legando così l’architettura alla parte emotiva dell’uomo.

Perché un ateo dichiarato costruisce una chiesa?

Il periodo era quello subito dopo la guerra, Le Corbusier venne contattato dall’abate Couturier non come uomo di fede, ma come grande architetto e la richiesta fu di dare forma al senso del sacro, quel sacro che probabilmente aveva dentro di sé, pur essendo un ateo.

Esisteva una cappella preesistente a quella costruita da Le Corbusier?

Certo, Ronchamp significa “campo dei romani”, lì infatti, su quella altura, i romani avevano costruito un loro accampamento e poi anche un tempio, questo era poi stato sostituito già nel VI-VII secolo da una cappella dedicata alla Madonna; con il tempo questo luogo di culto è divenuto sempre più famoso fino a radunare, ai nostri giorni, anche dodicimila fedeli in una sola giornata. Le Corbusier venne chiamato dai frati gestori del luogo mariano perché durante la guerra la chiesetta era stata bombardata ed era andata quasi totalmente distrutta.

L’attuale chiesa ricalca la pianta di quella vecchia?

No, è del tutto diversa, quello che ha senza dubbio conservato è lo spirito del luogo, un’altura dedicata a Maria da cui si scruta l’orizzonte a 360 gradi, un luogo talmente bello da generare la costruzione prima del tempio pagano, poi della cappella medievale e quindi dell’attuale chiesa. Visivamente, mi si passi il confronto, è un po’ come il Partenone con  il resto dell’Acropoli di Atene. Secondo me, Le Corbusier ha costruito la sua opera ascoltando il genius loci, lo spirito mariano che permea questo sito.

Da dove è partito Le Corbusier per progettare questa cappella?

Dalla pianta. Per lui la pianta di un edificio è il suo elemento generatore, l’impronta che un’architettura lascia, l’ancoraggio di questa architettura alla terra. È partito dalla scelta della forma da dare a questa cappella, potevano essere molte le variabili da riprendere, come l’occhio o le mani giunte in preghiera, Le Corbusier decide di disegnare questa pianta in maniera particolare, quasi al contrario, ispirandosi a un orecchio disegnato in sezione coronale; e nel punto centrale, dove si sarebbe collocata la coclea, quella spirale che conduce i suoni al cervello, l’elemento centrale di un orecchio, qui lui colloca l’altare, punto di congiunzione tra Dio e l’essere umano. Nel 1955, appena terminata la costruzione, Le Corbusier pubblica un libro che parla di questa chiesa, sapendo che questa cappella sarebbe stata un’icona dell’architettura del XX secolo, e scrive: “Musica, grande musica, tentate di guardare le immagini al rovescio o giratele di un quarto e scoprirete il gioco”. Una sorta di messaggio enigmatico lasciato ai posteri che io ho interpretato come un invito a disporre la pianta della cappella secondo le sue indicazioni. In questo modo si ha una esatta rappresentazione della sezione coronale dell’orecchio umano. Questo meccanismo suggerito da Le Corbusier, di rivoltare, se applicato a diversi altri elementi architettonici della chiesa ci riconduce al concetto di fondo dell’ascolto, la chiave di volta della sua architettura a Ronchamp. Anche per il prospetto esterno della chiesa, se lo si rivolta, ritorna l’immagine dell’orecchio. Tutto a Ronchamp è pensato in termini diretti o indiretti di ascolto, della Parola di Dio o delle preghiere del singolo verso Dio. E poi non dimentichiamoci che la chiesa è dedicata alla Vergine e che Maria diventa la madre di Gesù tramite l’Annunciazione dell’Arcangelo Gabriele. Quando questo messaggero di Dio si presenta alla Vergine, le sue parole entrano nell’orecchio di Maria e da quel momento lo status di Maria cambia, da umile donna del popolo a madre di Dio. Tanto ciò è vero che in gran parte dei quadri del Trecento e del Quattrocento realizzati sul tema dell’Annunciazione è ben delineato l’atto dell’ascolto della Vergine. Maria è il vero tramite tra l’uomo e Dio, è colei che ascolta le preghiere e riporta il messaggio a Dio. A Ronchamp, accanto all’altare è posta la figura di Maria, sulla parete retrostante sono stati ricavati tanti piccoli fori che, se congiunti con una linea e ruotati di un quarto, riproducono la costellazione della Vergine.

Alla fine del libro lei parla di un disegno di campana inglobato all’interno della pianta della cappella. Ci spiega meglio?

Le Corbusier ha raccontato di essere stato sul luogo per avere un’ispirazione e ha più volte detto di essersi messo in ascolto del paesaggio e che il paesaggio gli ha parlato e a questo paesaggio lui poi ha dato forma. Tornando ora alla pianta della chiesa, abbiamo visto che ha una forma a orecchio, ma si può notare anche una forma a campana. Le Corbusier narra che il 4 giugno 1950, una domenica, dopo essere stato sul luogo, iniziò a disegnare questa pianta. Non dobbiamo dimenticare che in questa zona vi sono e vi erano altre chiese e che di domenica si usa suonare le campane che, come ha detto Papa Giovanni Paolo II “aiutano a non dimenticare la domenica come giorno del Signore. Le campane rappresentano la voce di Dio, per chi crede, e sono un annuncio per chi non crede”. Dobbiamo quindi immaginare che un individuo, dotato di una certa attitudine mistica, lì per cercare ispirazione, senta queste campane e che queste ultime stimolino il suo orecchio. Credo che Le Corbusier qui abbia messo in atto un’operazione di stampo freudiano, come quando nei nostri ricordi una traccia si confonde e si compenetra con un’altra. Viene così fuori una pianta che non solo ha la forma dell’orecchio, ma anche della campana, con il battente, o batacchio, che dir si voglia, idealmente collocato dove nella realtà è posto il coro. Questo è stato notato anche da uno studioso degli anni ’50, Francesco Tentori che, scrivendo a Bruno Zevi, dice: “Qui la forma ha un immanente valore simbolico, la pianta suggerisce l’immagine di una campana o forse quella di un padiglione di un orecchio umano”.

Da allora nessuno ha riflettuto su queste particolarità della cappella?

No, soltanto queste parole di Tentori e poi altri due o tre studiosi che hanno detto o scritto che a loro la pianta della cappella sembrava un padiglione auricolare, ma senza alcun approfondimento sistematico e scientificamente organizzato sul tema. Strano, perché poi le stesse parole di Le Corbusier avrebbero dovuto far pensare, come quando ha scritto: “Ho voluto creare un luogo di silenzio, di preghiera, di pace, di gioia interiore”. E nei suoi appunti le parole pace, gioia interiore, silenzio sono rappresentate da un orecchio stilizzato.

Altre opere di architettura potrebbero riservarci “sorprese” simili?

Penso di sì. E negli ultimi tempi, continuando le mie indagini, mi sono imbattuto nel “caso” di Sant’Ivo alla Sapienza, a Roma, una grande opera del Borromini. Anche per questa chiesa del ‘600, secondo me, esiste un altro piano di lettura che sembra essere finora sfuggito ai tantissimi che l’hanno studiata. Di questo capolavoro del Borromini proporrò a breve una chiave di lettura diversa in un articolo che pubblicherò tra qualche mese e in un nuovo libro che, almeno spero, lo seguirà.

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Cappella di Notre Dame du Haut

                                        (Ronchamp)

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Le Corbusier












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Interno Cappella

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