S. Maria del Popolo, S. Maria in Montesanto, S. Maria dei
Miracoli, ok. Ma uno studio a Piazza del Popolo, con la finestra che affaccia sulla
grande porta da cui parte il centro di Roma, non pensavamo neanche che
esistesse. Invece c’è. Uno studio dall’aria suggestiva, pieno di tante opere
d’arte, dipinti e sculture, probabilmente di valore ma sicuramente di buon
gusto. E nemmeno il personaggio che intervistiamo oggi, e che lo abita da tanti
anni, è un tipo qualunque. Benito
Corradini, editore de “La Sponda”, personalità di rilievo nel settore
della divulgazione dell’arte e nella creazione di importanti premi e
manifestazioni, come la prima sfilata di moda ambientata nell’atelier più
esclusivo del mondo, la scalinata di Piazza di Spagna, è un uomo che, a vederlo,
fa dubitare dell’età che dichiara (74) e, a parlarci, moltiplica questo dubbio.
Sembra un ragazzo con i capelli bianchi. Ma se l’età è già di per sé un indice
di esperienza di vita, quando incontri qualcuno – come lui – che nella vita ha
scelto la cultura, ascoltare i suoi racconti diventa un piacere. A cominciare
dall’ultimo, quello che riguarda il cancro che si vanta di aver battuto proprio
di recente, per finire ai suoi “amarcord” di una vita dedicata all’arte e allo
spettacolo. L’ultima fatica: l’organizzazione di un evento per il prossimo 4
settembre, a Ostia Antica, “Meet the Artist”, varato per premiare in un
contesto ancora una volta molto suggestivo una serie di personaggi ed artisti
meritevoli.
- Intervistatore:
Benito Corradini ha avuto una vita facile o ha guadagnato con fatica il suo
successo?
- Benito Corradini:
Non so se è una fortuna ma il lavoro per me è sempre stato un piacere. Mi
sveglio al mattino e dico: meno male che ho da fare! In sostanza potrei dire:
non ho avuto una vita facile però... non
me ne sono accorto!
- I: Domanda un po’
scontata ma la risposta potrebbe essere importante: l’amore per l’arte presuppone
necessariamente amore per la bellezza? E quindi per la donna?
- BC: Beh, chiamare
l'arte “bellezza” è un po' limitativo... L'arte è la base della vita; l'arte
porta alla selezione per arrivare alla bellezza e la bellezza è una selezione
che parte da un concetto culturale che ti aiuta a scegliere, a fare e a trovare
il bello.
I: Quindi la bellezza
è un fatto assoluto o un'invenzione dell'artista?
BC: L'artista vero percepisce la bellezza anche ad occhi
chiusi, considerando che la bellezza in assoluto non esiste: bello è quello che
si riconosce tale personalmente, non quello che appare; è l'immaginifico. Altrimenti
scopriremmo che dietro alla maschera dell'apparenza non c'è nulla. L'artista è
in grado di andare ben oltre alla composizione della bellezza e vede la
bellezza come una cosa pulita che può influire su tutti, come quella di un albero o di un fiore.
- I: Benito
Corradini ha avuto certamente una vita
speciale, piena di avvenimenti e animata da persone importanti. Si ritiene
soddisfatto di ciò che ha fatto e cos’è che non vorrebbe aver fatto?
BC Tengo a precisare
che tanta gente comunissima la ritengo al pari di personaggi di prima
grandezza. Frequento e organizzo cene con operai e artigiani con i quali mi sento altrettanto a mio agio che con
tanti grossi personaggi che ho incontrato. Un grande architetto non è più bravo
di un mastro muratore. Certo col senno del poi ci sono tante cose che non si
vorrebbe aver fatto. Per esempio forse non avrei premiato qualche personaggio
che sembrava per quello che non era.
- I: Non vogliamo fare
qualche nome?
- BC: No… non avrebbe senso
- I: Giusto, mi scusi.
E’ difficile riuscire ad ottenere tutti questi successi e mantenere
l’equilibrio originale (ovvero lo stesso amore verso le persone care e verso
l’arte) che proprio i successi potrebbero aver modificato? In sostanza, il
successo cambia le persone?
- BC: Nel mio caso no, i valori sono rimasti tutti, anzi si
sono rinforzati. Ho solo il rimpianto di non essere riuscito a frequentare
negli ultimi anni alcune persone care; il successo è una cosa in più ma non ti
cambia la vita.
- I: Donna sotto le
stelle è sicuramente l’evento da lei organizzato più famoso. Lo mette al primo
posto della sua carriera o ce n’è qualche altro rimasto più impresso nel suo
cuore?
- BC: Trinità dei Monti è stata una cosa folle per quel periodo,
le giornaliste di moda non lo volevano, tremila critiche, difficoltà... Ma
quella che reputo la più importante è la mostra di Confucio al Palazzo dei Papi
a Viterbo: vita pensiero e opere di Confucio in un'icona del mondo cattolico, dove
entrai in contrasto con tanti personaggi imbecilli viterbesi…
- I: Ricorda che anno
era?
- BC: Era il 1999. Confucio non era un religioso come si pensa ma
un grande filosofo. Le massime di Confucio, che studiavamo anche a scuola, per
molti versi coincidevano con quelle del Vangelo, come “Onora il padre e la
madre”, ma Confucio sognava di insegnare anche in Occidente. Quelli erano tempi
molto difficili, con la Cina ancora comunista, e oltretutto con la città
ospitante, Viterbo, che non ci favorì affatto, tant’è vero che il supporto ce
lo diede addirittura Civitavecchia e glielo riconoscemmo con un grande
striscione.
- I: Il successo e il
suo lavoro sono gioie sottili o gioie terribili?
- BC: Mah!… La cultura pesa, la cultura è fatica. Ma la
cultura paga e la cultura si deve fare! Organizzare dà anche tantissima
soddisfazione. Ci sono stati momenti
durissimi e difficili ma fanno parte della vita. E un anno o due di tempesta su
dieci anni che semini il grano ci possono anche stare…
- I: Qual è la persona
conosciuta più indimenticabile?
- BC: Il personaggio che penso come un grande è Vittorio
Gassman. Ricordo una volta che volevamo dargli il premio “Fontane di Roma”;
disse: “sono a Firenze, girando, ma il premio ce l'ho già nel cuore ed è come
se l'avessi preso, manderò mio figlio”.
- I: Lei ha certamente
conosciuto da vicino molti “grandi” uomini. Ritiene che si possa diventare un
“grande” senza perdere i requisiti personali di giustizia e sensibilità?
- BC: Sono proprio quelli che hanno riscosso i più grandi
successi a rimanere semplici, guardiamo Federico Fellini. Chi più di lui creava
il bello e il brutto, trasformava le donne belle in donne brutte e viceversa,
sempre con quell’ilarità simpatica di romagnolo e di romano Comprendeva tutto e
dava spazio a tutti, non si sentiva menomato di nulla. La bella Giulietta
Masina è stata al suo posto, ha sofferto di certe “vicinanze” al suo compagno
ma c'è stata comunque un’armonia e un amore fantastici! E lui era un genio. Io
di Fellini vorrei ricordare un episodio da studente universitario, quando, da matricole
squattrinate, nel 1964, lo incontrammo al bar Rosati e lui tirò fuori di tasca diecimila
lire ripiegate in quattro e ce le diede. “Fate festa!”. All' epoca uno statale
guadagnava 15 mila lire al mese.
- I: Con questo ha risposto
alla domanda che stavo per farle sul miglior regista secondo lei. Allora
passiamo direttamente all’altra: Il miglior attore e la migliore attrice?
BC: Vittorio Gassman, anche fra gli stranieri – ma lui era internazionale
- e poi Anna Magnani, un’icona popolana ma non solo. Fra gli italiani vorrei
mettere Totò, che era un genio creativo oltre che un grande attore.
- I: Il “Jet set”
degli anni della Dolce Vita è molto diverso da quello attuale?
- BC: Decisamente diverso. Quelli di oggi sono in cerca di
affermazione di immagine e promozione pubblicitaria, gli altri vivevano la vita
così com'era. Oggi La Dolce Vita è gossip, allora era vita vissuta da alcuni. Il
cinema italiano è cambiato proprio perché oggi
mancano queste icone, questi grandi personaggi
- I: E infine: la
società in genere, per lei , è migliorata o peggiorata?
- BC: La società è scivolata in un anonimato terrificante. Cosa
si racconta all'estero di ciò che si vede in Italia dell'Università, dove fanno
strada i figli dei figli e gli amici degli amici? Il cinema… Cinecittà era la
grande Cinecittà, oggi produciamo anche tanti film ma manca la qualità, qualche
spunto di novità si incomincia a rivedere perché c'è una ricerca di fondo sull'
italianità. Su questa creatività, sulla voglia di essere e non solo di apparire,
posso dire che si sta vedendo l'impegno di registi come Tornatore e pochi altri,
per dimostrare che l'Italia ha una sua valenza culturale, che le ha permesso
anni addietro di battere il famoso cinema francese o di contrastare Hollywood.
Hollywood era Roma, era qui a Cinecittà
- I: Quindi, parlando
di nuovi registi, un Sorrentino della “Grande bellezza”, per esempio, come lo
giudica?
- BC: Sulla grande bellezza ho qualche riserva, perché non c'è bisogno di usare quel parlaticcio
presunto romanesco o di far vedere Roma per quella che non è.
- I: Non lo trova un
po' felliniano?
- BC: No, direi copiaticcio, allora anche Woody Allen fa
vedere Roma ma non ci capisce niente.
Roma non devi descriverla con i punti e le virgole, Roma è quella. Devi
affrontare la situazione di Roma Capitale, che si è permessa di avere un
imperatore che si chiamava Scipione l'Africano, Traiano, grandi imperatori
internazionali, avevamo un nero imperatore e nessuno se ne è preoccupato, in
senso positivo.
- I: Se lei fosse
Aladino e potesse fare un grande dono a un uomo fortunato che avesse trovato la
sua lampada, gli consiglierebbe di scegliere la ricchezza o il successo?
- BC: Nessuna delle due. Fossi Aladino gli consiglierei la
saggezza di essere se stesso e di cercare di realizzare i suoi sogni ma
soprattutto oggi c’è bisogno della parola solidarietà, oggi se il mondo in
questa globalizzazione non solidarizza scoppiano le guerre perché si è scontenti
di quello che si ha anche quando è più che abbastanza.
- I: Quindi questa
crisi potrebbe avere il suo aspetto positivo da questo punto di vista?
- BC: L’aspetto positivo sta nel fatto che so di gente che,
facendo i conti del quotidiano, si pente di aver fatto scelte inutili e costose…
- I: Ci salutiamo qui.
Continuerà per sempre a organizzare i suoi eventi?
- BC: Certamente! Oggi devo ringraziare il Padreterno perché
recentemente ho battuto il cancro e la chemio, sono ritornato bene come nessuno
credeva, quindi, nella vita, non voglio essere presuntuoso ma sono riuscito a
fare qualcosa di molto vicino a quello che avrei voluto fare. Il principio era
solo uno: non lasciare nulla di intentato. Il risultato di ogni sforzo però, al
di là dell'impegno che ci si può mettere, dipende da tanti fattori legati anche
al Signore o alla fortuna.