In
tutto il mondo, ai bambini, la mamma racconta la favola della cicala e della
formica. Tempo sprecato, per gli italiani. Anche perché a noi la cicala piace e
la formica resta antipatica. Jean de La Fontaine però, scegliendo di rielaborare l’idea di
Esopo, in realtà non voleva decantare la bellezza e il piacere del lavoro in
genere, ma solo sottolinearne l’utilità sociale.
In
passato nessuno si poneva questo problema e in Italia, purtroppo non se lo
pone tuttora quasi nessuno. Allora decideva il sole. All’equatore, la
possibilità di vivere anche nudi e mangiando banane spingeva al lavoro solo
quelli che desideravano il superfluo; lavorare, in pratica, era un optional. Nei
paesi freddi, invece, se non ci si organizzava, l’ambiente ti uccideva: il lavoro
e il senso sociale non erano una scelta ma un obbligo.
Oggi la tecnica ha risolto i problemi climatici e in pochi
anni il mondo si è trasformato ma il senso sociale è diventato indispensabile
a tutte le latitudini. Chi lo ignora è destinato a soccombere e in futuro perfino
i popoli latini, apparentemente i più felici per l’abitudine diffusa di ridere
e ballare, dovranno adeguarsi. Ci riusciremo anche noi italiani?
Ma che cos’è il “senso sociale” e perché è così importante? La parola “senso”, infatti, rimanda a
qualcosa di soggettivo come una scelta di comportamento, mentre il rispetto completo
delle regole sociali sarebbe più
corretto chiamarlo “dovere sociale”; gli anglosassoni, per esempio, l’hanno
innato ma noi no e, se non ce l’hanno insegnato né a casa né a scuola, come facciamo
ad applicarlo?
Il
nostro stile di vita, specialmente nel
centro-sud, è particolarmente inquietante agli occhi di uno straniero contemporaneo.
Chi trova liberi due parcheggi contigui li occupa entrambi e rubare posti in
una qualsiasi fila è un’arte applicata perfino dalle vecchiette di buona
famiglia. Nessuno vuol bene al prossimo e il “cuore d’oro” dei napoletani è una
balla. L’uso di espedienti non è visto come un segno di disonestà ma di
furbizia e crea molti tentativi d'imitazione; la faccia tosta (per cui Roma supera
tutti) spinge a sfoggiare azioni maleducate e piccoli soprusi addirittura come una
dimostrazione di potere. Il semplice reclamo di un danneggiato contro un atto
incivile verso di lui viene considerato una seccatura, come se i diritti degli
altri non fossero importanti: il prossimo, insomma, sta al mondo unicamente
per darci
fastidio. In tutti i Paesi civili, invece, si sa che gli altri esistono
per migliorare la nostra vita e che senza di loro torneremmo nel medioevo.
Una società, ovvero un insieme di persone, ha possibilità di
sopravvivere e svilupparsi soltanto nel rispetto di basilari principi, il primo dei
quali è quello di rispettare gli altri: i danni fatti al prossimo (e all’ambiente)
ci ricadranno addosso moltiplicati. Questo sembra un concetto banale e di fatto
lo è! Perché allora nel nostro Paese le sole ad occuparsene sono alcune
associazioni e fra l’altro lo fanno (ma è meglio di niente) a scopo di lucro? Di fatto sarebbe compito del governo ma esso è composto da persone interessate che
spendono il 90% del loro tempo per cercare (curiosamente senza nemmeno
nasconderlo) di conservare poltrona e privilegi. Renzi ne dice tante (troppe)
ma non l’abbiamo mai sentito criticare stile e abitudini del nostro popolo:
forse non ha capito l’importanza del problema, o più probabilmente l’ha capita ma ritiene
che un popolo siffatto sia l’unico che gli consenta addirittura di crescere nella
considerazione proprio straparlando. Eppure gli basterebbe promuovere prevenzione e
istruzione come le vere risorse a lungo termine. Contro le alluvioni, per
esempio, costa meno organizzare un territorio con interventi definitivi che
riparare anno per anno i danni... E sarebbe facile e gratuito risolvere molti
problemi del futuro, semplicemente predisponendo al senso sociale i bambini nelle
scuole. Con due grandi risultati: si preparerebbe il popolo di domani ad una collettività
socialmente corretta (l’unica che potrà sopravvivere, perché non occorre essere Jules
Verne per immaginare che altrimenti il mondo umano finirà) e si renderebbero più
forti e consapevoli i “buoni”, che nonostante tutto sono la grande maggioranza.
Se si parlasse di corruzione, a scuola, spiegando bene il danno che
questa comporta, la vita dei corrotti, vero cancro di questa società, sarebbe
certamente destinata a cambiare. I “cattivi”, come molti politici, come i mafiosi, i delinquenti,
gente che per interesse arriva ad inquinare con materiale radioattivo perfino
il terreno su cui poggia i piedi, sono tanti ma numericamente di gran lunga
inferiori alla massa “buona”, che purtroppo è abituata a subire e sopporta ogni
azione a proprio danno reagendo poco o niente. Solo fino ad oggi, speriamo.
Anche senza l’inutile violenza professata da altre culture, in futuro molto
dovrà cambiare e il mondo intero dovrà trovare un modo per prolungare, almeno di
qualche millennio, questo autentico miracolo che è la vita. Spegnerlo in pochi
anni, come succederà se non recuperiamo il “senso” della realtà, sarebbe un vero
peccato.