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Il fenomeno della pseudo-Ipertensione

Il 60% delle persone anziane è iperteso

di Claudio Di Veroli *

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L’ipertensione sistolica (pressione sistolica o massima superiore a 140 mmHg e pressione diastolica o minima inferiore a 90 mmHg) è la forma di incremento pressorio più frequente nell’iperteso con oltre 65 anni. Deriva da una diminuita distensibilità ed elasticità dell’aorta e delle arterie di grosso calibro per un processo aterosclerotico degenerativo favorito dalla stessa ipertensione e/o dall’infiltrazione nelle arterie di lipidi (grassi), per le non rare alterazioni metaboliche che accompagnano l’iperteso. In questi casi le arterie colpite di- ventano meno rispondenti in termini di elasticità alle sollecitazioni pressorie, realizzando sul piano clinico un aumento della pressione differenziale (si ricava sottraendo dai valori sistolici aumentati  i valori diastolici diminuiti) che si associa in generale ad un elevato rischio di morbilità e mortalità cardiovascolare. Nell’iperteso anziano la misurazione della pressione è soggetta a frequenti errori. Tra questi nel 5-8% dei soggetti si può verificare il fenomeno della pseudo-ipertensione, che esprime la ridotta elasticità delle arterie (in questo caso dell’arteria omerale). Si tratta di una discrepanza tra i toni della pressione  sistolica che scompaiono all’ascoltazione della piega del gomito, mentre a livello dell’arteria radiale (polso) può essere percepito ancora un battito.  Si ricorda  anche che l’anziano può essere portatore di un’ipertensione arteriosa sistolica e diastolica insorta in età adulta (35-60 anni) in un soggetto che supera i 65 anni o raramente può incominciare ad essere un iperteso sisto-diastolico dopo questo periodo. In tali casi bisogna continuare la terapia antiipertensiva oppure iniziarla. L’anziano può essere portatore di un’ipertensione secondaria da stenosi aterosclerotica in una o in entrambe le arterie renali (ipertensione renovascolare) oppure  da complicanza del diabete, da malattie renali come i reni policistici, ecc. Il trattamento antiipertensivo in tutti i casi deve essere iniziato lentamente ed effettuato in modo progressivo con piccole dosi di più farmaci. Il medico deve saper spiegare al paziente il valore e la sicurezza di assumere più prodotti per evitare la pericolosa e repentina riduzione della pressione, specie nel passare dalla posizione sdraiata a quella in piedi (ipotensione ortostatica, che è tipica della persona anziana), che può favorire un decremento di flusso a livello di organi vitali come il cuore o il cervello (ischemia). L’iperteso anziano (65-80 anni), al contrario di come si riteneva qualche anno fa, è necessario che inizi precocemente  il trattamento antiipertensivo e la terapia verso gli altri eventuali fattori di rischio cardiovascolare presenti (diabete, iperuricemia, alterazioni lipidiche, ecc.) nella speranza di ridurre la morbilità invalidante (cardiopatie, nefropatie, demenza, ictus, ecc.) e la mortalità cardiovascolare (ictus ischemico ed emorragico, cardiopatia aritmica ed ischemica, insufficienza renale cronica, ecc.) Gli studi più recenti infine ci dicono che pure il grande anziano iperteso (oltre gli 80 anni) deve effettuare il trattamento antiipertensivo perché anche a questa età è possibile ottenere benefici da un controllo serio, continuo e razionale dei fattori di rischio cardiovascolare, al fine di evitare i gravi danni invalidanti propri  di questo tempo della vita, come ad esempio il declino cognitivo, l’insufficienza renale cronica e la mortalità cardiovascolare.

* Docente
di Nefrologia
“Sapienza” – Università di Ro
ma


(da Realtà Nuova)




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