Libersind - Conf.
ANCHE I PROFESSIONISTI CHIEDONO TUTELE SINDACALI
Abbiamo già avuto modo di esprimere sulle pagine di questo giornale il concetto di sindacato a tutto tondo proposto dal Libersind Conf.sal anche se usualmente, quando si parla di sindacato, esiste il pensiero preconcetto per il quale vengono subito alla mente le tradizionali categorie di lavoratori subordinati, ovvero i quadri, gli impiegati e gli operai. Tuttavia, siamo profondamente convinti e lo ribadiamo, che la necessità di ottenere le tutele sindacali o di disporre di un soggetto sindacale in grado di intrattenere regolari relazioni industriali, è sentita da una vasta platea di lavoratori non riconducibili alla categorizzazione tipica dei lavoratori dipendenti. Del resto nel nostro Paese esistono molte associazioni che si prefiggono di rappresentare i problemi di particolari gruppi omogenei, come i dirigenti e manager, i quadri aziendali. Anche quei professionisti che sono chiamati dalla legge dello stato ad aderire ad un ordine professionale unico, se vogliono esercitare la loro professione, si sono organizzati con rappresentanze sindacali per tutelare i loro di ritti. Un esempio eclatante ci viene dalla categoria dei giornalisti i quali, nonostante abbiano un unico ordine professionale al quale debbono aderire, nelle realtà aziendali nei quali sono chiamati a dare la loro prestazione, sono tutelati dal loro sindacato. A questo esempio potremmo aggiungere anche gli avvocati che ultimamente sono spesso scesi in sciopero per tutelare i loro legittimi interessi. E' quindi lecito asserire che sia arrivato il momento, da parte nostra, di organizzare una rappresentanza sindacale strutturata anche per altri soggetti professionali, a cominciare dagli architetti. Questa categoria di professionisti, oggi particolarmente provata dalla crisi perdurante del settore edilizio privato e conservativo del patrimonio statale, vive delle tensioni che non trovano risposta e soluzione e che debbono essere affrontati con uno stru mento di rappresentanza sindacale che possa dialogare con il loro ordine professionale, con la loro cassa previdenziale, con le istituzioni dello stato e non ultimo con le aziende pubbliche e private ove riguardino settori dell'esercizio professionale dell'architetto.
I temi sul tappeto sono tanti, alcuni di grandissima rilevanza. Solo per citarne alcuni: Avviare un costante sistema relazionale con gli organismi statutari della Cassa Previdenziale Architetti al fine di conoscere nel dettaglio gli aspetti di bilancio, le consistenze patrimoniali poste a garanzia del trattamento previdenziale del professionista e se queste sono correttamente gestite per la produzione di reddito. Discutere e rivedere le disposizioni sanzionatorie in merito ai ritardati pagamenti contributivi alla Cassa, che appaiono vessatorie e non contestualizzati rispetto al particolare momento di crisi generale. Verificare i costi generali di funzionamento della Cassa al fine di individuare le necessarie economie gestionali a cominciare dai trattamenti economici dei vertici. Negoziare trattamenti di maggior favore con le compagnie assicurative relativamente alla polizza professionale obbligatoria, prevedendo la possibilità di sospensione in caso di inattività del professionista. Avviare un costante sistema relazionale con gli organismi statutari dell'Ordine degli Architetti e del CNA (consiglio nazionale ar chitetti) al fine di discutere le modalità con le quali viene erogata la formazione continua obbligatoria per gli architetti. Avviare un costante sistema relazionale con le aziende pubbliche e private, al fine di sostenere e valorizzare il ruolo professionale dell'architetto all'interno dei vari contratti collettivi di lavoro. Per quanto sopra esposto, il Libersind Conf.sal, si è già attivato per verificare la possibilità di avviare uno specifico comparto sindacale, affidando le relative attività ad un gruppo di architetti quale coordinamento nazionale particolarmente esperto di tali problemi. |
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Inps-Cud: si risparmia sulla qualità dei servizi mentre la
riorganizzazione è al palo
"La situazione creata con lo stop all'invio per posta dei Cud è paradossale. L'Inps, per operare un risparmio stimato in 40 milioni di euro, ha gettato nel panico i cittadini e creato grosse difficoltà ai lavoratori dell'Istituto, già gravati da un carico di lavoro spesso eccessivo e preoccupati per la stasi registrata nel processo di fusione con Inpdap ed Enpals. A distanza di un anno e mezzo siamo in assenza del cosiddetto "Piano di sviluppo" da cui dipendono la distribuzione nel territorio dei servizi, l'amministrazione del patrimonio, le politiche di formazione e la gestione dei 3300 esuberi previsti dalla spending review", con queste parole Salvatore Chiaramonte, Segretario Nazionale Fp-Cgil, interviene in merito alle difficoltà relative al mancato invio dei Cud da parte dell'Inps.
"Il lavoro dei patronati, che al contrario di quanto viene affermato da più parti non percepiscono alcun corrispettivo economico per effettuare le procedure, e quello dei lavoratori dell'Inps, che hanno stampato presso gli sportelli 3,5 milioni di Cud, è stato preziosissimo e ha sopperito all'assenza di programmazione, dando risposte immediate ai cittadini senza trascurare l'offerta di servizi come quelli relativi alla cassa integrazione, di grande rilievo in questa fase economica. Al Presidente Antonio Mastrapasqua - conclude Chiaramonte - chiediamo l'apertura immediata di un confronto sulla riorganizzazione dell'Inps e dei servizi da esso offerti".
"Il lavoro dei patronati, che al contrario di quanto viene affermato da più parti non percepiscono alcun corrispettivo economico per effettuare le procedure, e quello dei lavoratori dell'Inps, che hanno stampato presso gli sportelli 3,5 milioni di Cud, è stato preziosissimo e ha sopperito all'assenza di programmazione, dando risposte immediate ai cittadini senza trascurare l'offerta di servizi come quelli relativi alla cassa integrazione, di grande rilievo in questa fase economica. Al Presidente Antonio Mastrapasqua - conclude Chiaramonte - chiediamo l'apertura immediata di un confronto sulla riorganizzazione dell'Inps e dei servizi da esso offerti".
Una formazione per la crescita economica e l’occupazione giovanile
L'Italia non può crescere senza il contributo dei giovani. Per questo motivo, se si vuole favorire la crescita economica e l'occupazione giovanile, la formazione deve essere al centro delle politiche del paese. Scuola, università e formazione professionale devono diventare centrali nel dibattito pubblico e uscire dalla scarsa considerazione in cui sono state tenute anche nel corso di questa campagna elettorale. Indicare soluzioni praticabili e condivise è un primo passo essenziale. Nei paesi più avanzati, inoltre, non c'è innovazione senza consenso sociale. Questa è la motivazione che ha spinto Confindustria, CGIL, CISL e UIL a sottoscrivere un documento d'intenti sulla formazione, i giovani e la crescita.
Con la firma del documento d'intenti "Una formazione per la crescita economica e l'occupazione giovanile", Confindustria, CGIL, CISL e UIL hanno individuato indirizzi comuni per sostenere l'innovazione nei campi dell'orientamento, dell'istruzione tecnica e professionale, della professione insegnante, dei poli tecnico professionali e degli ITS, dell'apprendistato e dei Fondi Interprofessionali.
Favorire la crescita delle competenze dei giovani, potenziare la capacità del sistema produttivo di impiegare giovani qualificati, ridurre il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, far crescere i giovani che fanno stage, apprendistato e dottorati nelle imprese: questi sono i temi al centro dell'attenzione di imprese e sindacati.
In Italia solo il 2% degli apprendisti frequenta la scuola; 3/4 degli attuali dottori di ricerca non potranno essere assorbiti nelle carriere accademiche; solo l'1,2% dei giovani frequenta corsi di Istruzione Tecnica Superiore (ITS). Sono numeri che ci allontanano dall'Europa. Per crescere sul piano economico e per sviluppare politiche che contengano la dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile occorre voltare pagina.
Non bastano le riforme. È necessario un cambiamento culturale che rimetta il lavoro e l'impresa al centro del sistema educativo e la formazione tra le politiche di crescita economica e di sviluppo del territorio.
Ponendo un particolare accento sulle ricadute in termini di occupabilità giovanile, con la firma di questo documento d'intenti, Confindustria - CGIL, CISL e UIL ritengono strategico lo sviluppo sul territorio di reti tra scuola, università e impresa per il miglioramento della ricerca industriale e delle competenze spendibili sul mercato del lavoro.
Con la firma del documento d'intenti "Una formazione per la crescita economica e l'occupazione giovanile", Confindustria, CGIL, CISL e UIL hanno individuato indirizzi comuni per sostenere l'innovazione nei campi dell'orientamento, dell'istruzione tecnica e professionale, della professione insegnante, dei poli tecnico professionali e degli ITS, dell'apprendistato e dei Fondi Interprofessionali.
Favorire la crescita delle competenze dei giovani, potenziare la capacità del sistema produttivo di impiegare giovani qualificati, ridurre il mismatch tra domanda ed offerta di lavoro, far crescere i giovani che fanno stage, apprendistato e dottorati nelle imprese: questi sono i temi al centro dell'attenzione di imprese e sindacati.
In Italia solo il 2% degli apprendisti frequenta la scuola; 3/4 degli attuali dottori di ricerca non potranno essere assorbiti nelle carriere accademiche; solo l'1,2% dei giovani frequenta corsi di Istruzione Tecnica Superiore (ITS). Sono numeri che ci allontanano dall'Europa. Per crescere sul piano economico e per sviluppare politiche che contengano la dispersione scolastica e la disoccupazione giovanile occorre voltare pagina.
Non bastano le riforme. È necessario un cambiamento culturale che rimetta il lavoro e l'impresa al centro del sistema educativo e la formazione tra le politiche di crescita economica e di sviluppo del territorio.
Ponendo un particolare accento sulle ricadute in termini di occupabilità giovanile, con la firma di questo documento d'intenti, Confindustria - CGIL, CISL e UIL ritengono strategico lo sviluppo sul territorio di reti tra scuola, università e impresa per il miglioramento della ricerca industriale e delle competenze spendibili sul mercato del lavoro.