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Pisa: storto "apposta" è bello!
Ci sono tanti monumenti in Italia che proprio "dritti" non stanno. Solo per fare degli esempi pensiamo alle Torri di Bologna o a quelle di San Gimignano, oppure alla bellissima Ghirlandina, il campanile del Duomo di Modena. Ma, se si parla di monumenti "storti", il pensiero corre subito a quello più celebre, la Torre di Pisa.
Ebbene, forse pochi sanno che la nostra torre più famosa è probabilmente l'unico caso al mondo di edificio illustre eretto volutamente inclinato. La cosa ebbe inizio il 9 agosto 1173, quando Bonanno Pisano (secondo la versione del Vasari) iniziò la costruzione di quello che sarebbe diventato il campanile della Cattedrale di S. Maria Assunta, nel grande spiazzo oggi chiamato Campo dei Miracoli. Terminate le fondamenta, come d'uso, si lasciò riposare il manufatto per circa un anno, per consolidare il tutto, dal momento che lo stato del terreno, costituito per lo più di tenera argilla, non offriva una garanzia sicura di tenuta nel tempo all'immenso peso che avrebbe dovuto sostenere (oltre 14.000 tonnellate!).
Ma purtroppo anche quella precauzione si rivelò inutile. Giunti al terzo piano, infatti, i costruttori, una bella mattina, si trovarono di fronte alla sciagurata immagine di una torre che, ceduto il terreno ai suoi piedi, si era inequivocabilmente inclinata.
Possiamo immaginarci lo sgomento di architetti e operai, per non parlare degli abitanti della città che, secondo leggende metropolitane, dettero subito la colpa agli odiati nemici fiorentini e livornesi, rei, secondo loro, di aver sabotato di notte il monumento. Sgomento o non sgomento, però, il cantiere fu costretto a fermarsi per quasi un secolo. Poi, come spesso è accaduto nella storia, entrarono in campo altri personaggi, che avrebbero risolto il problema non con la logica, ma con qualcosa di più irrazionale e magico: il genio.
Quando infatti al cantiere approdarono altri, grandi architetti, la soluzione sembrava una sola: buttare giù tutto e ricominciare da capo. Ma Giovanni Di Simone e il suo collega Giovanni Pisano non erano certo tipi da farsi intimidire dagli eventi e quindi, con sprezzante (e audacissima, per il tempo) decisione, ordinarono di proseguire i lavori infischiandosene della pendenza, e quindi tollerando consapevolmente che la torre finale sarebbe risultata, appunto, storta.
La torre finale raggiunse quindi, secondo il progetto, i 56 metri di altezza, con sei ordini di piani più la loggetta campanaria, ma con in più una pendenza che, fra base e sommità, raggiungeva già (nella proiezione) i tre metri!
Una pendenza che, nei secoli, è andata inevitabilmente aumentando, fino agli anni '90, quando un lungo e grandioso restauro ha lievemente ridotto l'inclinazione, fermandola a meno di quattro metri per i prossimi 300 anni. Dopo, ci penseranno i nostri discendenti. Che non potranno, comunque, dimenticare che un errore voluto, pur così evidente, è servito a far gioire altri personaggi illustri del tempo: come Galileo Galilei, che non esitò a sfruttare quel comodissimo balcone affacciato sul vuoto per i suoi rinomati esperimenti di gravità, dove dimostrò, per primo, che qualsiasi oggetto lanciato nel vuoto, anche con enormi differenze di peso e di volume, cade sempre alla stessa velocità.
Ci sono tanti monumenti in Italia che proprio "dritti" non stanno. Solo per fare degli esempi pensiamo alle Torri di Bologna o a quelle di San Gimignano, oppure alla bellissima Ghirlandina, il campanile del Duomo di Modena. Ma, se si parla di monumenti "storti", il pensiero corre subito a quello più celebre, la Torre di Pisa.
Ebbene, forse pochi sanno che la nostra torre più famosa è probabilmente l'unico caso al mondo di edificio illustre eretto volutamente inclinato. La cosa ebbe inizio il 9 agosto 1173, quando Bonanno Pisano (secondo la versione del Vasari) iniziò la costruzione di quello che sarebbe diventato il campanile della Cattedrale di S. Maria Assunta, nel grande spiazzo oggi chiamato Campo dei Miracoli. Terminate le fondamenta, come d'uso, si lasciò riposare il manufatto per circa un anno, per consolidare il tutto, dal momento che lo stato del terreno, costituito per lo più di tenera argilla, non offriva una garanzia sicura di tenuta nel tempo all'immenso peso che avrebbe dovuto sostenere (oltre 14.000 tonnellate!).
Ma purtroppo anche quella precauzione si rivelò inutile. Giunti al terzo piano, infatti, i costruttori, una bella mattina, si trovarono di fronte alla sciagurata immagine di una torre che, ceduto il terreno ai suoi piedi, si era inequivocabilmente inclinata.
Possiamo immaginarci lo sgomento di architetti e operai, per non parlare degli abitanti della città che, secondo leggende metropolitane, dettero subito la colpa agli odiati nemici fiorentini e livornesi, rei, secondo loro, di aver sabotato di notte il monumento. Sgomento o non sgomento, però, il cantiere fu costretto a fermarsi per quasi un secolo. Poi, come spesso è accaduto nella storia, entrarono in campo altri personaggi, che avrebbero risolto il problema non con la logica, ma con qualcosa di più irrazionale e magico: il genio.
Quando infatti al cantiere approdarono altri, grandi architetti, la soluzione sembrava una sola: buttare giù tutto e ricominciare da capo. Ma Giovanni Di Simone e il suo collega Giovanni Pisano non erano certo tipi da farsi intimidire dagli eventi e quindi, con sprezzante (e audacissima, per il tempo) decisione, ordinarono di proseguire i lavori infischiandosene della pendenza, e quindi tollerando consapevolmente che la torre finale sarebbe risultata, appunto, storta.
La torre finale raggiunse quindi, secondo il progetto, i 56 metri di altezza, con sei ordini di piani più la loggetta campanaria, ma con in più una pendenza che, fra base e sommità, raggiungeva già (nella proiezione) i tre metri!
Una pendenza che, nei secoli, è andata inevitabilmente aumentando, fino agli anni '90, quando un lungo e grandioso restauro ha lievemente ridotto l'inclinazione, fermandola a meno di quattro metri per i prossimi 300 anni. Dopo, ci penseranno i nostri discendenti. Che non potranno, comunque, dimenticare che un errore voluto, pur così evidente, è servito a far gioire altri personaggi illustri del tempo: come Galileo Galilei, che non esitò a sfruttare quel comodissimo balcone affacciato sul vuoto per i suoi rinomati esperimenti di gravità, dove dimostrò, per primo, che qualsiasi oggetto lanciato nel vuoto, anche con enormi differenze di peso e di volume, cade sempre alla stessa velocità.
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Alberobello
C’è un angolo di Puglia divenuto famoso nel mondo per l’assoluta unicità del suo aspetto. Ad Alberobello, infatti, tutte le case sono bianchissime e sormontate da un tetto conico a punta, che termina con pinnacoli tutti diversi. E’ un paesaggio che sembra uscito da un libro di fiabe, e proprio ad una specie di favola è legata la sua origine, che sembra scritta da un incredibile sceneggiatore della Storia.
Tutto comincia molti anni fa, in pieno '400, quando il Conte di Conversano, Girolamo Acquaviva, un uomo bruttissimo, noto all’epoca col lugubre soprannome di “Guercio di Puglia”, desiderando crearsi un feudo indipendente dalla corte di Napoli, approdò sulle terre pugliesi, le fece sue e istigò i contadini a stabilirvisi.
Le cose andarono bene, finché, con l’editto “Prammatica de Baronibus”, venne imposta l’autorizzazione regia (seguita da congrui tributi…) per ogni nuova costruzione. Insomma quella che si può definire la vera nascita dell'IMU…
La cosa però, non andò giù all'orribile ma ingegnoso personaggio, il quale non ci pensò due volte ad emanare, a sua volta, un suo particolare decreto, che imponeva ai contadini di inventare un sistema di costruzione a secco che escludesse l’uso della malta, in modo che, in caso di probabile ispezione governativa, le case potessero essere rapidamente… smontate, senza quindi (dal momento che non esistevano più) dovere nulla al re.
Le stesse, naturalmente, erano facilmente rimontate dopo che i solerti ispettori erano stati costretti ad andar via, sicuramente allibiti nel trovarsi sempre di fronte una città fatta di cumuli di pietre, e sicuramente con le pive nel sacco.
In effetti l’impianto strutturale di queste costruzioni (fatte di pietre locali sovrapposte ad anelli concentrici e rette dal loro solo peso) riporta a un passato ben più lontano, alle “Tholos” di Micene e alla tomba del Tesoro di Atreo. E qualcosa di simile si ritrova anche in Cappadocia, in Egitto, in Grecia, in Dalmazia e persino in Sicilia e Sardegna.
Ciò non toglie che l’aspetto di Alberobello è divenuto da tempo un simbolo bellissimo e particolare di un’architettura unica, legata a usanze e tradizioni antiche, e persino alla superstizione. I pinnacoli che immancabilmente completano i tetti a cupola, infatti, nelle loro variegate e strane forme, si rifanno ad antichissime tradizioni orientali e, con i loro misteriosi simboli dipinti, evocano messaggi dall’aldilà, segni esoterici cui affidare gli auspici di salute, felicità e buon raccolto.
C’è un angolo di Puglia divenuto famoso nel mondo per l’assoluta unicità del suo aspetto. Ad Alberobello, infatti, tutte le case sono bianchissime e sormontate da un tetto conico a punta, che termina con pinnacoli tutti diversi. E’ un paesaggio che sembra uscito da un libro di fiabe, e proprio ad una specie di favola è legata la sua origine, che sembra scritta da un incredibile sceneggiatore della Storia.
Tutto comincia molti anni fa, in pieno '400, quando il Conte di Conversano, Girolamo Acquaviva, un uomo bruttissimo, noto all’epoca col lugubre soprannome di “Guercio di Puglia”, desiderando crearsi un feudo indipendente dalla corte di Napoli, approdò sulle terre pugliesi, le fece sue e istigò i contadini a stabilirvisi.
Le cose andarono bene, finché, con l’editto “Prammatica de Baronibus”, venne imposta l’autorizzazione regia (seguita da congrui tributi…) per ogni nuova costruzione. Insomma quella che si può definire la vera nascita dell'IMU…
La cosa però, non andò giù all'orribile ma ingegnoso personaggio, il quale non ci pensò due volte ad emanare, a sua volta, un suo particolare decreto, che imponeva ai contadini di inventare un sistema di costruzione a secco che escludesse l’uso della malta, in modo che, in caso di probabile ispezione governativa, le case potessero essere rapidamente… smontate, senza quindi (dal momento che non esistevano più) dovere nulla al re.
Le stesse, naturalmente, erano facilmente rimontate dopo che i solerti ispettori erano stati costretti ad andar via, sicuramente allibiti nel trovarsi sempre di fronte una città fatta di cumuli di pietre, e sicuramente con le pive nel sacco.
In effetti l’impianto strutturale di queste costruzioni (fatte di pietre locali sovrapposte ad anelli concentrici e rette dal loro solo peso) riporta a un passato ben più lontano, alle “Tholos” di Micene e alla tomba del Tesoro di Atreo. E qualcosa di simile si ritrova anche in Cappadocia, in Egitto, in Grecia, in Dalmazia e persino in Sicilia e Sardegna.
Ciò non toglie che l’aspetto di Alberobello è divenuto da tempo un simbolo bellissimo e particolare di un’architettura unica, legata a usanze e tradizioni antiche, e persino alla superstizione. I pinnacoli che immancabilmente completano i tetti a cupola, infatti, nelle loro variegate e strane forme, si rifanno ad antichissime tradizioni orientali e, con i loro misteriosi simboli dipinti, evocano messaggi dall’aldilà, segni esoterici cui affidare gli auspici di salute, felicità e buon raccolto.