Un bimbo appena
venuto al mondo, abbandonato in una specie di discarica, è morto dopo cinque
giorni di agonia, proprio quando, ormai ritrovato, si era cominciato a far di
tutto per consentirgli di mantenere il suo posto duramente conquistato fra noi.
Una storia molto triste e purtroppo non rara, pronta a creare nella massa,
solidale come sempre al più debole, sdegno e rabbia verso l’artefice del fatto,
ovvero la madre. In noi ha creato altro, oltre alla normale pena per le
sofferenze e la fine di una creatura innocente.
Non conosciamo quella donna, ovviamente, ma proviamo verso di lei non
rabbia ma una grande pietà.
Il problema della rinuncia alla maternità crediamo che abbia
interessato, prima o dopo, la maggioranza delle persone al mondo. “Tenere” o
meno un bambino appena concepito è un dubbio che ha istintivamente assalito per
un attimo chiunque, visto l’enorme cambiamento di vita che un nuovo figlio
comporta. La cosa che ci lascia sbalorditi, però, è la convinzione (errata) che
portare avanti o meno una gravidanza sia un affare che riguarda gli adulti e
non la persona in arrivo: essi possono decidere a seconda delle loro
possibilità sociali e specialmente economiche e lo stato, più sensibile a
queste problematiche che a quelle umane, agevola l’”azione di rinuncia” con
un’apposita legge sull’aborto che ignora totalmente i diritti di chi sta
venendo al mondo. Che l’aborto sia legale fino a 12 settimane come in Italia o addirittura
fino a 24 come in Gran Bretagna, secondo noi cambia poco.
Premettiamo di essere laici e che con quest’articolo non
vogliamo far cambiare idea a nessuno, ammesso che sia possibile. Ma non
possiamo accettare che si parli di feti come se si tratti di tumori benigni, vitali
ma non persone. I feti al contrario sono veri (piccoli) esseri umani, e per di
più hanno tutta la vita davanti. Eliminare un feto è un‘azione equivalente ad
eliminare un adulto. Continuiamo pure a fare aborti legalmente, ma non possiamo
ignorare questa realtà inconfutabile eppure contestata quasi universalmente.
Attraverso varie testimonianze
(giovani e anziani, colti e no, uomini e donne), infatti, abbiamo assodato il
pensiero comune sull’argomento: un feto viene quasi da tutti considerato diverso
da un bambino perché non ancora formato, specialmente nei primi tre mesi. Quindi
con un sillogismo su questa convinzione si potrebbe affermare che la vita di un
bambino di dieci anni non vale quanto quella di un adulto perché non ha ancora
la barba. Invece non c’è nessuna differenza tra un feto e un bambino, salvo…
l’età! Una persona è perfettamente definita nel momento del concepimento e, se fosse
facile individuarlo, dovrebbe essere proprio quello il giorno da festeggiare
come compleanno. La venuta al mondo avviene allora, infatti, e non con il
parto, che secondo noi ha il semplice valore di un’alzata di sipario. Purtroppo
nemmeno uno ha condiviso queste affermazioni, come se fossero una nostra idea e
non lo stato di fatto. E’ un
paradosso, perché la gente ama i bambini
e darebbe la vita per i propri figli, ma è incapace di farlo… prima di averli
visti con i propri occhi! Come se un uomo divenuto padre mentre è all’estero
non si sentisse tale finché non ha visto materialmente il bambino. A noi sembra
un limite di tipo infantile.
Di fatto, tornando alla nostra disgraziata madre, lei
rischia l’ergastolo per non essere riuscita ad abortire in tempo, forse per
ignoranza, certamente per la sua sventurata situazione, magari anche di
oppressione e violenza, visto l’epilogo, mentre le tante che hanno potuto farlo
(e forse sono le prime a condannarla) sono ricorse in gran parte a strutture
pubbliche. In poche parole, per un risultato identico (la morte di un piccolo
essere umano) ad una madre viene comminato forse l’ergastolo, ad un’altra viene
dato un aiuto. E, paradossalmente, viene condannata proprio quella che al
piccolo aveva dato comunque una chance, lasciandolo vivo al suo destino.
Ci sarebbe da fare un’ultima considerazione, che accenniamo
ma tratteremo meglio un’altra volta: se il piccolo fosse stato trovato prima e si
fosse salvato, l’accusa sarebbe stata di abbandono di minore mentre, essendo
successo il peggio, diventa di omicidio volontario. Eppure l’azione della mamma
è stata la stessa.
A volte ci viene da pensare che la mancanza di obiettività
di cui accusiamo (a ragione) molti popoli che si macchiano di efferati crimini
con scuse goffamente morali, forse nemmeno noi l’abbiamo persa del tutto…