Mare e Metri
C’è un argomento del mare in continua revisione: la lunghezza dei suoi abitatori e le loro prestazioni.
Esempio: è vero che uno squalo balena non supera i diciotto metri come da anni si crede? Altro esempio: è vero che un capodoglio raggiunge i duemila metri di profondità? Ho sempre pensato che per conoscere davvero il mare e per parlare di ambiente-mare a ragion veduta bisogna andarselo a vedere di persona immergendosi dove vivono i pesci. Altrimenti si è conoscitori da tavolino; la cosa non sarebbe di per sé sbagliata ma ha il grave difetto di indurre tali studiosi a farsi paladini di idee spesso lontane dalla realtà e così inducono gli uomini di governo dei vari Paesi a provvedimenti ridicoli agli occhi di chi il mare lo conosce davvero. Ma perché ai tavoli che contano non vengono chiamati gli esperti sul campo anziché i carrieristi da laboratorio? Forse per lo stesso motivo per cui a fare una legge sulle ferrovie non vengono sentiti i ferrovieri e per una legge sulla pesca non si interrogano i pescatori. Dovrebbe essere una questione di casta, termine efficace che va per la maggiore di questi tempi dopo il libro di Rizzo e Stella. Per contro, esiste un’ associazione di scienziati e di tecnici del mare, oltre che di divulgatori, che si chiama Accademia Internazionale di Scienze e Tecniche Subacquee che ogni anno, da oltre mezzo secolo, assegna il premio Tridente d’Oro a chi fa ricerca con successo, oppure crea qualcosa di nuovo ed efficace dal punto di vista tecnico o scrive articoli e fa documentari e film dedicati ai fondali sottomarini. Ma per aspirare a questo premio che viene considerato il Nobel della cultura del mare bisogna essere anche subacquei, cioè esercitare l’attività subacquea per lo svolgimento del proprio lavoro. Un perfetto connubio fra scienza e conoscenza diretta. Cito questa Accademia per dire che ci sono eccome ricercatori, tecnici o giornalisti che coronano il loro lavoro con esplorazioni sottomarine allo scopo di aprire nuovi scenari ai loro interessi. Siamo fra quelli che hanno lasciato le comode poltrone delle redazioni (o delle direzioni visto che ci sono state anche quelle) per dare ai nostri articoli o ai servizi televisivi, l’immediatezza di un’osservazione o di una scoperta fatta sott’acqua. Seguendo i cetologi che studiano i cetacei del Mediterraneo abbiamo documentato l’altra faccia dell’inquinamento dei nostri mari: ci sono infatti specie che da ciò traggono giovamento. Fra queste, i delfini-stenella che hanno preso lentamente il posto dei delfini comuni per essersi meglio adattati alle mutate condizioni del mare. E così, se prima eravamo abituati a vedere gruppi di delfini comuni e anche di tursiopi, i più spettacolari fra i delfini “ingaggiati” dagli acquari di tutto il mondo per le loro esibizioni, adesso vediamo galoppi di stenelle in modo particolare navigando fra Toscana e Sardegna e fra questa e Liguria. L’ultimo importante gruppo di stenelle che hanno seguito la scia della nave oceanografica sulla quale eravamo imbarcati l’abbiamo documentato quasi all’arrivo del porto di Genova dove si concludeva la campagna scientifica del Cnr da noi seguita. Sempre in linea con la nostra filosofia dell’azione abbiamo seguito “sul campo” un biologo marino che aveva scoperto in Sardegna a 40 metri di profondità il più grande ramo di corallo nero, della specie Gerardia savaglia, mai studiato in Mediterraneo. Questo celenterato si era sviluppato sui rami di una maestosa gorgonia, della quale aveva pian piano “mangiato” i polipi sostituendovi i propri. Un vero e proprio genocidio sottomarino, ma è così che la Gerardia savaglia si accresce fino a soppiantare completamente la gorgonia aggredita. A proposito di polipi è invalso da qualche anno l’uso increscioso di utilizzare questa parola per indicare il polpo. Niente di più sbagliato: il polpo resta il polpo e non va chiamato polipo perché i polipi sono gli organismi dei celenterati, come le gorgonie e il corallo rosso o la Gerardia savaglia, che assicurano la vita a queste formazioni. A proposito di squali balena è stato individuato un esemplare nei mari tropicali, dove vive, di ben 20 metri di lunghezza. Bisognerà aggiornare tale misura sui libri degli scienziati che parlano di un massimo di 18 metri. Non abbiamo mai avuto modo di incontrarne di così grandi malgrado i nostri numerosi incontri subacquei con il pesce più grande del mondo avvenuti alle Seychelles, in Messico, a El Salvador , in Nuova Zelanda, in Australia e può darsi pure in qualche altro angolo di mondo: il più lungo non superava i 15 metri. |
ARTICOLI PRECEDENTI
|