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Intervista al Sen. Domenico Gramazio


di Maurizio Oliviero

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Politici si nasce o si diventa? Sicuramente i grandi vantaggi riservati ai relativamente pochi soggetti che compongono il Parlamento (630 alla Camera e 315 al Senato) spingono molti a tentare l’approdo in questa cerchia privilegiata per motivi lontani dall’interesse per il prossimo. Alcuni, però, politici ci nascono. Uno di essi siamo certi di averlo davanti: è il Senatore Domenico Gramazio, e anticipiamo fin d’ora che quest’impressione, dopo averci parlato, si è tramutata in certezza. Gramazio ha una storia di destra e sembra un uomo dalle idee radicate, che non avrebbe mai adattate ad opportunismi del momento, come non hanno evitato di fare suoi colleghi ben noti, con risultati disastrosi e imbarazzanti. Il suo studio è tappezzato di testimonianze di ogni tipo, fotografie, gagliardetti, diplomi, e pensiamo che egli esponga ognuno di essi più per affetto che per compiacimento.

Libernews: Senatore, io non la conoscevo di persona ma il suo studio parla da solo: avrei potuto studiare la sua storia sulle pareti e capire già molto di lei… (sorride). In particolare abbiamo visto che le statistiche la danno fra i più presenti in aula…
Senatore Gramazio: Questo è vero: in effetti ci sono parlamentari di cui non ho mai sentito la voce, non solo in aula ma nemmeno in commissione, dove si prepara tutto il lavoro. Questo è probabilmente dovuto al fatto che ormai Camera e Senato vengono eletti con la lista bloccata, quindi non c’è più il rapporto che io invece ho sempre mantenuto sul territorio, come dimostra ad esempio il fatto che mio figlio Luca, a 31 anni, arriva primo alle regionali superando i ventimila voti. E questo è dovuto al rapporto territoriale che noi abbiamo sempre mantenuto. Faccio un esempio: ogni giovedì pomeriggio ricevo qui a studio i medici del Lazio ma comunque ricevo gente in tutta la settimana; i vecchi amici mi dicono che sembra lo studio medico delle famiglie, tanta è la fila di quelli che vengono a chiedere un consiglio, un aiuto, un sostegno… Proprio perché ho sempre creduto al territorio, cioè al rapporto dell’eletto con i cittadini.

L. E tutto ciò da quando?
G. Guardi, ho fatto il Consigliere comunale di Roma nell’80, nell’83 sono subentrato in Regione come primo degli eletti e lì ho fatto 3 legislature, poi 2 legislature alla Camera e 2 al Senato. Quando incontro alcuni colleghi mi sento chiedere con curiosità notizie sul mio rapporto col territorio, in quanto loro si sentono a posto con le loro liste bloccate e non hanno nemmeno un ufficio nel territorio.

L: E adesso? Con la nuova legge che di fatto abolisce il Senato già dalla prossima legislatura, un senatore come si sente?
G: E’ un’autentica diminutio. Anche perché dobbiamo ricordarci che il Senato era quello che veniva riconosciuto in tutte le democrazie come la “Camera alta”. Ricordiamo che nella Monarchia i senatori venivano nominati dal Re! Ora, invece, dalla prossima legislatura, i senatori saranno i consiglieri regionali di maggioranza o di opposizione eletti dal Consiglio regionale. Questo significa che intanto devono venire dalle proprie regioni e fanno quindi un doppio mestiere. Il Senato diventerà un “Senato delle regioni” con poteri limitati. Il primo grosso dubbio che comporta questa situazione è: non essendo più il Senato eletto, il Presidente del Senato può ancora essere la seconda autorità dello Stato? Questo è un problema istituzionale: se, in questo modo, la carica di seconda autorità dello Stato dovrà passare gioco forza al Presidente della Camera, perché eletto, va cambiata la Costituzione e nessuno ci ha pensato!

L: Ma questo problema lo avete sollevato in seduta?
G: Sì, lo abbiamo fatto. E il problema è stato riconosciuto da tutti: un impedimento del Presidente, fosse anche un semplice viaggio all’estero, richiederebbe la sostituzione del ruolo pro tempore da parte del Presidente del Senato che però, non essendo stato eletto, non potrebbe ricoprire; il passaggio dell’incarico al Presidente della Camera richiederebbe a sua volta una modifica costituzionale e questo è un altro dei conflitti istituzionali che la Corte costituzionale quando sarà il momento dovrà affrontare.


L: E a nostro parere è pure un problema urgente!
G: Certo! Se una crisi istituzionale dovesse spingere Renzi a provvedere per elezioni anticipate noi ci troveremmo a non avere, di fatto, un vice-Presidente della Repubblica.

L: E’ possibile, in quest’ottica, che molti senatori rientreranno alla Camera?
G: Bisogna valutarne la possibilità! Molti probabilmente tenteranno un rientro ma alla Camera il numero di componenti è rimasto invariato; per permettere la sostituzione dei parlamentari, sarà nuovamente costituita a suffragio diretto o continuerà ad avere un listino bloccato?

L: Possiamo parlare quindi di una confusione istituzionale?
G: Esattamente! Guardi, già c’è stata una forzatura: il Capo dello Stato, dal 1948 ad oggi, non ha mai avuto due mandati. E’ vero che il caso di Napolitano è dovuto al fatto che non c’era in Parlamento la forza di eleggere il nuovo Presidente della Repubblica…

L: Inoltre ci pare che non siano previste, in Italia, due legislature per il Presidente, che porterebbero il mandato a 14 anni invece che agli 8 e ai 10 di Stati Uniti e Francia, vero?
G: Infatti! E questo “raddoppio” di Napolitano è dovuto al fatto che la scelta dei padri costituenti doveva indicare una persona al di sopra delle parti, come non è mai stato.

L: Vogliamo farle una domanda diretta: questo Presidente della Repubblica, per lei, è un buon presidente?
G: Per me no! E’ un presidente che è entrato a “gamba tesa” in molti problemi di politica istituzionale, dicendo perfino “io faccio il Presidente per la seconda volta ma non scioglierò mai le Camere”. Ora, se non c’è una maggioranza alle Camere, perché non devi scioglierle?

L: Il Presidente non dovrebbe essere il primo cittadino a garantire il rispetto per la Costituzione?
G: Certo! Per me questo presidente ha creato un problema istituzionale di fondo quando ha accettato di essere interrogato dai magistrati, mentre avrebbe dovuto opporsi e dire che avrebbe accettato di essere interrogato solo alla fine del mandato; inoltre gli argomenti delle domande lui non li conosce in modo diretto ma per testimonianza del suo consulente giuridico che è morto e le sue lettere non costituiscono un fatto costituzionale. In parole povere il Presidente della Repubblica non doveva essere messo in difficoltà dagli avvocati di due pluriomicidi. La mafia non va comunque riconosciuta e questo è stato un modo di farlo. Questo lo afferma lo stesso Macaluso, già direttore dell’Unità e intimo amico e consigliere di Napolitano, in una lettera pubblica in cui ribadisce che è stato un errore istituzionale permettere a un tribunale italiano di interrogare il Presidente della Repubblica in una sede istituzionale.

L: Spostandoci di poche centinaia di metri, di Renzi cosa pensa?
G: Renzi è un uomo che ha saputo raccogliere l’eredità della sinistra italiana…

L: Un vero uomo di sinistra, intende?
G: Sì lo è ma ha avuto l’idea di modificare la sinistra in una funzione più europea e più socialdemocratica

L: Non per opportunismo, quindi?
G: Beh, intanto era un giovane democristiano: anni fa pubblicai io stesso una foto del giovanissimo Matteo con De Mita. Comunque gli va riconosciuto di aver voluto sviluppare la politica di sinistra togliendo alla sinistra un estremismo fasullo che la portava a non avere la maggioranza; ha capito che il clima era differente e ritengo sia uno che non ha peli sul cuore e passerebbe facilmente dall’una all’altra parte per vincere. Però è l’uomo delle tante dichiarazioni e dei pochi fatti, fino ad oggi. Ma agli italiani sono piaciute, evidentemente, le sue dichiarazioni, poiché gli hanno comportato quel famoso 40%. Qualcuno dice che Renzi è il Berlusconi moderno. Forse sì, è più giovane e sa afferrare il rapporto istituzionale come quello con l’opinione pubblica.

L: E questo basta?
G: Non basta. Non basta perché la crisi economica è forte, la Borsa di Milano scende e lo fa per colpa di due banche, riferimenti del vecchio PCI, che sono state classificate dall’Organizzazione europea fuori dai limiti della “regolarità”; sicuramente l’antica sinistra ha delle responsabilità, se pensiamo al Monte dei Paschi di Siena che è stato governato dal PCI come se fosse una cosa propria.

L: Lei è d’accordo che siamo troppo legati all’Europa per gestire una serie di problematiche che invece ci trovano con le mani legate?
G: Sì. L’Europa, di cui noi siamo fra i sei Paesi fondatori, ci ha legato le mani, con l’economia, con accordi lontani dagli interessi nazionali; l’Europa dovrebbe essere quella che riconosce i valori delle singole nazioni e le loro rispettive economie, invece essa ha livellato in basso le economie dei singoli paesi tranne quella della Germania, che ha tratto vantaggi anzitutto dall’unificazione delle due Germanie, che è stata pagata evidentemente dall’Europa, altrimenti la Germania dell’Ovest sarebbe tornata indietro; i vincoli europei andrebbero maggiormente sciolti dai supervincoli esistenti…


L: Quindi questo euro è una palla al piede?
G: No, dall’euro secondo me oggi non si può prescindere perché siamo in un mondo globalizzato, dove non si può avere più una piccola moneta di difesa. Il caso della sterlina, che è comunque rapportata all’euro in un paese legato per il resto all’Europa, cambia poco.

L: Cosa pensa dei due partiti-polo diversificati dalla politica tradizionale, parliamo di 5 Stelle e Lega?
G: La Lega ha fatto una battaglia intelligente contro l’euro; dalle ultime statistiche la Lega sta al 9% mentre con Bossi raggiungeva appena la metà; questo lo si deve in buona parte all’assenza di una buona politica da parte dei partiti di centro-destra, con lo spezzettamento di Forza Italia che ha indubbiamente indebolito il gruppo; a Grillo va riconosciuto di aver portato avanti con intelligenza e capacità la protesta nei confronti della situazione economica, poi però compie degli scivoloni come quello dell’affermazione, in Sicilia, che la mafia aveva una sua dirittura morale, cosa che non si può sostenere ma nemmeno sentire! Concettualmente mi sento più legato, allora, sul piano culturale, al “prefetto di ferro” che inviò Mussolini per combattere la mafia che si era impossessata anche di parte del Partito nazionale fascista.

L: Non ritiene che questi partiti, diciamo “fuori delle righe”, possano sopravvivere proprio in quanto tali, facendo affermazioni aggressive, su temi scottanti come quello dell’immigrazione o appunto dell’euro, che un partito tradizionale non potrebbe permettersi di fare?
G: Sì, però il problema dell’immigrazione va comunque affrontato e l’Europa dovrebbe affiancare l’Italia in tutte le situazioni; l’operazione Mare Nostrum ha comportato un costo altissimo e non giustificato. Abbiamo in pratica speso per questo 130ml di euro e contemporaneamente abbiamo tolto 100ml di euro ai contributi per gli handicappati in tutta Italia.

L: Non ritiene che il danno potrebbe rivelarsi addirittura superiore, nei prossimi tempi?
G: Già! Tra qualche anno ci potremmo trovare in situazioni molto pesanti in alcune zone d’Italia. L’atteggiamento, per esempio, di Spagna e Malta è molto diverso dal nostro. Noi andiamo a recuperare naufraghi nella acque maltesi dove la loro Marina non si occupa di farlo e nessuno ce lo riconosce.

L: Tornando a noi, un uomo di destra come lei in che partito si riconosce? Noi ricordiamo statisti del passato come Almirante; oggi dove rivive il vecchio M.S.I.? Ad occhio, ci viene da pensare solo alla Meloni. E’ così?
G: La destra di allora non c’è più. Fratelli d’Italia è un piccolo partito che non è riuscito ad abbracciare tutta l’eredità di Alleanza Nazionale, a sua volta cresciuta sul M.S.I. Sono voluti rimanere piccoli probabilmente per non assumersi la responsabilità di richiamare tutto un determinato mondo. E’ stata una scelta, per esempio rifiutando Storace, quella di fare un partito di nicchia e francamente oggi l’Italia non ha bisogno di partiti di nicchia, al contrario… Avendo vissuto come Consigliere nel M.S.I. quando era al 5-6% oggi non me la sentirei di tornare indietro nel piccolo partito.

L: Non è più adatto ai tempi, un piccolo partito?
G: E’ che non risponde alle esigenze del Paese. Nonostante questo, reputo che l’errore di Fini è stato quello di rinunciare a un partito, che pure aveva raggiunto il 14,5%, per entrare nel PDL; noi dovevamo rimanere una confederazione di partiti, con Forza Italia da una parte e AN e UDC dall’altra. Fini mi sembra chiaro che abbia intravisto in questo un interesse personale, immaginando di giungere da solo molto in alto.

L: L’On. Gramazio è soddisfatto di ciò che ha fatto?
G: Sono ampiamente soddisfatto di quello che ho fatto e la stessa strada che ho intrapreso è ben rappresentata da mio figlio Luca, che oggi è il capogruppo di Forza Italia alla Regione Lazio dopo esserlo già stato con il PdL. E’ stato il più votato in Italia nelle Regioni per il centro-destra e abbiamo eletto un ottimo Consigliere comunale a Roma che è Giovanni Quarzo e proprio come ultima azione abbiamo eletto primo di tutto il centro-destra Andrea Volpi nell’area metropolitana di Roma. Il nuovo centro-destra deve guardare ai giovani per ampliare senza rottamare come ha fatto Renzi. Desideriamo un gruppo di trentenni capace di essere, al bisogno, tanto forza di opposizione capace quanto forza di governo intelligente, perché credo che il futuro sia in due grandi coalizioni, centro-destra e centro-sinistra, capaci di alternarsi come in America senza ricorrere a una miriade di piccoli partiti

L:Nonostante questo ha comunque dei rimpianti? Se potesse, cambierebbe alcune azioni del suo passato?
G: No! Non sono pentito di nessun atto parlamentare, mi riferisco a mozioni, interrogazioni e interventi. Guardi, questa domanda me la sono posta da solo proprio pochi giorni fa e la risposta è stata un no convinto.



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I segreti di Palazzo - Un segreto è un silenzio

La verità passa sempre attraverso le parole

Abolire i segreti di Stato, un atto di coraggio del governo o semplicemente uno dei tanti promo per ottenere un consenso popolare? I cittadini sono parte integrante della res publica e il legame di fiducia e stima con lo Stato non può essere costruito grazie a trovate d'effetto.

    di Elisabetta Valeri

Il Premier Matteo Renzi sostiene di voler alzare il velo sulle verità scottanti che, da sempre,  sono avvolte  nel mistero:  le stragi. Con la firma, a Palazzo Chigi, della direttiva che mette a disposizione tutti gli atti processuali ed i documenti  di indagine relativi alle stragi, annulla  il vincolo di segretezza finora mantenuto  e demanda le carte dalle pubbliche amministrazioni alla libera consultazione da parte di ogni cittadino. Renzi ha ovviamente enfatizzato questa presa di posizione, l' ha "infiocchettata" e pubblicizzata con tutti i mezzi a disposizione.  In sede ufficiale lo ha definito un atto di dovere nei confronti delle famiglie ed una dichiarazione di trasparenza da parte dello Stato, alludendo a bugie ed omesse verità. Non ha potuto esimersi dal suo eloquio sui social e ha tweettato che il governo ha "declassificato  i documenti su alcune delle pagine più oscure della storia italiana".  Peccato che non ci sia nessun segreto da svelare e che non ci sarà modo di verificare se le carte verranno tutte declassificate. Far luce sui documenti, probabilmente, deluderà chi ha, da sempre,  alimentato una strategia della tensione, demonizzando i custodi della legge. L' elenco delle stragi coinvolte è davvero d'impatto: Piazza Fontana,  Ustica, Peteano, ltalicus, Piazza della Loggia, Gioia Tauro, Stazione di Bologna e rapido 904. Si tratta, però, di massacri per cui non si è raggiunta una verità giudiziaria e gli indegni autori, finora impuniti, non sono stati coperti da alcun segreto, semplicemente sono rimasti ignoti.

Lo chiarisce bene Paolo Guzzanti, ex presidente della Commissione Mitrokhin e candidato di Forza Italia alle Europee: "Se Renzi promette la desecretazione               dei segreti di Stato, allora è un imbroglio  perché non c'è alcun segreto di Stato sui documenti delle stragi" . Anche  il leader del M5S ritiene si tratti solo di un escamotage demagogico per ottenere un consenso popolare e rivelare, infine, soltanto ciò che già è all'evidenza di tutti.

L’operazione, definita  "glasnost",   ha però  riscosso il consenso della maggioranza. In realtà il cambiamento riguarderà le tempistiche, infatti la direttiva concederà il versamento anticipato dei documenti  classificati, quindi  riservati, in possesso di tutte le amministrazioni dello Stato. Le carte saranno  inviate all'Archivio centrale  senza dover rispettare  il termine dei 40 anni canonici, così come invece è stato finora, velocizzando il processo di acquisizione. Giornalisti e studiosi sono ansiosi di poter ricostruire tratti mancanti del percorso storico-politico. La maggior  parte,  però, intuisce che gli atti desecretati non necessariamente riusciranno  a colmare i vuoti di sapere, facendo da battistrada a nuovi scenari, semplicemente saranno ulteriori tasselli per non disperdere la memoria storica del paese. I ministeri e i servizi segreti non divulgheranno tutti i documenti perché ci sono stralci connessi a persone ancora in vita, ex informatori e collaboratori di Stato e quindi, a garanzia dell' incolumità di questi soggetti, ne verrarnno omessi i nomi.  A livello pratico sarà fondamentale organizzare questa operazione in maniera funzionale: infatti questi documenti, finendo in un unico calderone, andranno catalogati in maniera omogenea e scientifica e, se questo non verrà fatto nell' immediato, si rischierà di avere troppe carte a briglia sciolta. Ci vorranno persone competenti per archiviarle nel modo più intellegibile possibile ed assegnargli una sequenzialità di classificazione. Se questa operazione  di silloge non verrà eseguita in maniera seria si rischierà di mandar perso qualche documento, con un'ulteriore beffa: secretati per decenni e mai venuti alla luce perché smarriti.

In attesa dell' apertura del vaso di Pandora onoriamo  la memoria dei caduti di Stato e ringraziamo chi ci tutela tutti i giorni! Lasciamo agli altri le parole...



Il lavoro, madre di tutte le battaglie!  Sicuro?

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Il nostro amatissimo (visti i voti) leader ha assicurato pubblicamente che il lavoro è la madre di tutte le battaglie. Grazie per l’ennesima promessa ma c’è qualche “però”.  Anzitutto, affermare che per il lavoro bisogna far battaglia è ammissione implicita della politica sbagliata portata avanti finora. Bisogna infatti combattere per colpa della politica, non della crisi, perché da noi la politica ha subito passivamente questa crisi come fosse essa stessa il popolo. In più, scomodare slogan risalenti a Saddam lo troviamo di debole gusto, perché fa trapelare che l’idea della guerra aleggia ancora come punto fermo nell’immaginario degli uomini: combattere, vincere… Pensiero ripetuto, d’altronde, nei testi di quasi tutti gli inni nazionali.  E’ ripetuto ma sbagliato: “il sangue del nemico”, che nutriva i sogni dei nostri padri e nonni, sta fortunatamente passando di moda e un inno composto oggi siamo certi che canterebbe altro.  Ma questo Renzi lo sa. Lo sa ma usa la frase apposta, per coinvolgere dando spettacolo. Dobbiamo riconoscere che il premier, per uscite demagogiche, ha, dopo averlo raggiunto, superato il suo maestro (che non c'è bisogno di dire chi è).

Al di là delle forme, però, quello che contestiamo a chiunque ribadisca il concetto di lavoro fine a se stesso, è proprio il fatto che non è un argomento da trattare isolatamente. Non ci può essere lavoro duraturo se non c’è un’economia stabile e affidabile, fatta di industrie e piccole e medie imprese (i dipendenti dello stato fanno solo manutenzione al paese).  Immaginiamo un'equazione e poniamo il lavoro a destra dell'uguale. A sinistra ci deve stare tutto quello che fa lo Stato per rendere valida l'equazione stessa. Se qualche lettore ha sempre odiato la matematica cercheremo di essere più chiari. Se l’opera dello Stato, che sta a sinistra dell'uguale, articolata quanto vogliamo, equivale a zero, il lavoro vale zero. Se vogliamo modificare giustamente questo tragico significato, perché la gente deve mangiare, non possiamo aumentare per legge il valore del lavoro senza modificare i fattori a sinistra dell'uguale.  E produrre il lavoro con dei semplici incentivi, equivale a un’elemosina occasionale. Il lavoro non si inventa, vogliamo dire, esso è il bisogno di personale umano in un processo produttivo, senza il quale il lavoro stesso diventa inutile ed è destinato a finire in breve tempo. 

Non siamo economisti e non vogliamo insegnare niente a nessuno. Ma le promesse a vuoto fanno male, producono guai e a volte suicidi. Monti definì questi ultimi “danni collaterali”; in un altro paese, dopo questa frase, avrebbe rischiato forte di ritrovarselo lui, qualche danno addosso. In Italia, si sa, puoi dire ciò che vuoi anche se non sei Virna Lisi (i più giovani vadano a vedere il suo famoso spot). Ma basta col giocare con i diritti più sacri, come quello del lavoro. Rinforziamo il Pil, proteggiamo il prodotto italiano ma con intelligenza, non con leggi cieche: cedendo con flessibilità al prodotto straniero ma solo se e quando conviene. A questo dovrebbe servire un governo e tutti quei pagatissimi personaggi che lo compongono. E se di questo loro si occupassero bene, noi tutti potremmo anche soprassedere sui folli stipendi, perché sarebbe proprio grazie ad essi che riceveremmo i nostri.

Maurizio Oliviero


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SPENDING REVIEW  tutti i tagli di Renzi e Cottarelli

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La revisione strutturale della spesa pubblica è l’asso nella manica con il quale Matteo Renzi intende finanziare buona parte della proposte che caratterizzeranno la sua azione di Governo. Ancora non è del tutto chiaro a quanto ammonterà, effettivamente, il risparmio proveniente dalla spending review. Tuttavia, è ormai possibile ricostruire con un certo grado di precisione la lista delle voci sulle quali il commissario straordinario Carlo Cottarelli intende agire. Di seguito, ecco le principali.

PUBBLICA AMMINISTRAZIONE – Sono previsti, grazie anche all’utilizzo al massimo delle sue potenzialità della Consip, 800 milioni di euro dal taglio della voce beni e servizi, 200 milioni dalla pubblicazione telematica degli appalti pubblici, 500 milioni dallo sfoltimento dei dirigenti delle P.A., 100 milioni dalla riduzione delle consulenze, 100 milioni tal taglio dei corsi di formazioni, 100 milioni all’illuminazione pubblica e altri 400 da altre eventuali proposte ministeriali.

 STATALI – Gli stipendi dei dirigenti potranno subire sforbiciate comprese tra l’8 e il 12 per cento, per un risparmio complessivo di 1,7 miliardi

 DIFESA – Oltre a chiudere e vendere 385 caserme, il governo potrebbe vedere la portaerei Garibaldi (non tanto per l’incasso, quando per non doversi più sobbarcare gli enormi costi di gestione). Potrebbe essere rinegoziato il piano di acquisto degli F35. Non spenderemo più 12 miliardi di euro in 12 anni per 90 cacciabombardieri, ma 6 miliardi per 45 aerei.

 SANITA’ – Previsti 3,1 miliardi in meno per il comparto salute.

PROVINCIE – La loro riorganizzazione, quest’anno, dovrebbe comportare un risparmio di 100 milioni.

 POLITICA – Ridurne i costi determinerà risparmi per 400 milioni nel 2014.

 TRASFERIMENTI – Alcuni dei trasferimenti statali e regionali ritenuti inutili potrebbero essere eliminati; saranno tagliati i sussidi alle imprese per un totale di 1,4 miliardi, quelli alle ferrovie per 300 milioni, e altri 100 milioni saranno sottratti al trasporto pubblico.

SPESE SETTORIALI – In questa voce rientrano capitoli quali le pensioni. Complessivamente, ammontano a 2,2 miliardi di euro.




LA CURA CHOC DI MATTEO RENZI 

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La 'svolta buona come messaggio iniziale': è il 'titolo scelto da Matteo Renzi in apertura della conferenza stampa a Palazzo Chigi."Vediamo se riusciamo a presentarvi il lavoro molto serio e articolato che abbiamo predisposto e che vedrà in serata i ministri alternarsi a presentare le varie misure approvate".
"Il nostro nemico, il nostro avversario, contro cui battagliare in modo violento è chi dice 'si è sempre fatto così'" dice il premier. "Il prossimo semestre L'Italia guiderà l'Europa e pensiamo che sia assolutamente fondamentale non solo lavorare per cambiare l'Europa ma partire dal cambiare noi stessi" dice Renzi. "Confermiamo per l'ennesima volta che nei prossimi 100 giorni faremo una lotta molto dura per cambiare ad aprile la P.A, a maggio il fisco e a giugno la giustizia , provvedimenti che non fanno parte, non fanno parte, del pacchetto di oggi". 
"Ho illustrato ai ministri un testo di riforma del Senato,un ddl costituzione che daremo a forze politiche e sociali. Diamo 15 giorni e poi si porta in Parlamento" dice Renzi. "La legge elettorale ha molti limiti ma non ci saranno mai più larghe intese e chi vince governa 5 anni. E' una rivoluzione impressionante, c'è un cambio strutturale". ''Un punto centrale è la riforma del Senato. Il Senato non voterà mai più la fiducia al Governo, mai più la Legge di stabilita'. Oggi la legge elettorale sarebbe già approvata''.
"Cinquecento milioni di euro in piu' per il fondo di garanzia per le Pmi per la lotta al credit crunch, vero o presunto che sia e che ha gia' garantito 10 miliardi di accesso al credito. Una misura che le aziende sanno essere rilevante".
 "Abbiamo alimentato a 3,5 miliardi il plafond a cui attingere per comuni province per le scuole e chi vuole attingere lo farà con procedure semplificate. E l'unità di missione sarà attiva a Palazzo Chigi e lavorerà in collaborazione con il Miur".
"Tutte le volte diciamo 'ce lo chiede l'Europa' e mettiamo una serie di vincoli. L'Europa ci chiede di spendere bene i soldi che abbiamo bloccato e che investiremo da subito: 3 miliardi di fondi europei".
Le misure fiscali, sul cuneo, ''saranno in vigore dal primo di maggio''. ''Ho provato a fare avere in busta paga prima delle elezioni, ma sono stato respinto con perdite''. Il Cdm ha approvato il piano casa che avrà un impatto di 1,7 miliardi.  "1000 euro netti all'anno a chi guadagna meno di 1500 mila euro al mese": e' quanto arriverà agli italiani grazie alle misure del governo.
"Il limite su cui noi ci attestiamo sono 25 mila euro lordi, circa 1.500 euro netti. I destinatari del nostro intervento non sono solo i ceti meno abbienti, ma anche un po' di ceto medio".
"Per noi è evidente che mettere in tasca mille euro in più aiuta la propensione al consumo ma è anche una misura di attenzione, di equità ed è frutto di una politica che dà il buon esempio. Un'operazione che definirei di portata storica". 

Spending Review: Cottarelli, 3mld possibili nel 2014 - "Credo che sui tre miliardi si possa fare, ma dipende da quando si comincia" dice degli effetti della spending review sul 2014 il commissario Carlo Cottarelli in audizione al senato. Il dato su base annua, "se le misure fossero state avviate da inizio anno", sarebbe stato intorno ai 7 miliardi. La stima è di 18 mld per il 2015, di 34 per il 2016.

Sul fronte delle auto blu Cottarelli, propone "un modello misto tra quello inglese e quello tedesco", quindi "auto blu solo per i ministri e un pool di massimo 5 auto per ministero". Nel mirino della spending review anche le cosiddette "mancette" inserite nelle Leggi di Stabilità. Cottarelli suggerisce "un taglio dei microstanziamenti", ha spiegato in audizione in Senato, anche perchè "sono spese talmente piccole che è difficile valutarne l'efficacia e potrebbero non essere valide per un interesse generale".
Sulle società partecipate dello Stato si può intervenire con "un efficentamento tramite fusioni e un aumento delle tariffe", per quelle che offrono servizi pubblici, perchè "bisogna pur pagarli", propone il commissario. Mentre fuori dal perimetro dei servizi pubblici serve "una azione forte, anche per chiuderle". La proposta al governo è di definire "piani di ristrutturazione entro settembre 2014".

Sono possibili "risparmi rilevanti", nell'ordine di "due miliardi", dalla spesa per immobili a livello di Stato ed Enti territoriali.  "Per la Rai è possibile fare qualche risparmio ulteriore, io ho un po' di suggerimenti: per legge deve avere sedi in tutte le Regioni, ma potrebbe benissimo coprire l'informazione regionale senza avere sedi". E' tra le proposte del commissario per la spending review.

"Nel mio piano non c'e' alcuna riduzione della spesa per la cultura e l'istruzione'', dice il commissario straordinario. In audizione in commissione Bilancio al Senato Cottarelli accenna invece a margini di intervento, tra l'altro, su retribuzione della dirigenza pubblica, costi della politica, sanità, difesa, auto blu, società partecipate, trasporto ferroviario, commissioni bancarie, forze di polizia, enti pubblici eliminabili, immobili, trasferimenti alle imprese, acquisti della Pubblica Amministrazione.

Le proposte per la Spending Review del commissario straordinario Carlo Conttarelli puntano anche a creare "sinergie tra i corpi di polizia". E', ha spiegato in audizione al Senato, "possibile un miglior coordinamento che possa portare nel giro di tre anni a risparmi significativi".

Le proposte di Spending Review del commissario straordinario Carlo Cottarelli "preservano le fasce di reddito piu' deboli", garantiscono "un'attenzione negli aspetti redistributivi". Lo ha indicato in audizione al Senato.
"Ci sono Enti pubblici che si possono eliminare o razionalizzare. Tra quelli da eliminare, ad esempio, io avrei individuato il Cnel". E' tra le indicazioni, in audizione al Senato, del commissario
per la Spending Review, Carlo Cottarelli, che ha comunque sottolineato come nel caso di un intervento sul Cnel ci siano aspetti costituzionali da considerare.lic qui per effettuare modifiche.

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