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Le vere cause della crisi economica in Italia

Continuiamo sempre a credere che la crisi finanziaria mondiale sia nata dal tracollo della Lehman Brothers, ma che responsabilità abbiamo noi Italiani?

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L'Italia è un paese in recessione, inutile negarlo. In Italia le aziende chiudono come mosche e la colpa è sicuramente della crisi economica internazionale. Tutto nacque intorno al 2008 con la crisi americana dei “subprime”. Da quel momento in poi banche e finanziarie sono crollate e hanno creato un effetto domino in tutto il globo. Tutto vero. Eppure in Italia c’è dell’altro. In Italia le aziende chiudono come mosche per altri motivi:
  • Mancanza improvvisa di liquidità
  • Problemi fiscali
  • Burocrazia asfissiante
La mancanza improvvisa di liquidità è strettamente legata ai problemi delle banche. Le banche sentono la crisi e non finanziano più le imprese, le quali si trovano improvvisamente senza liquidità per pagare fornitori e stipendi e dopo un po’ sono costrette a chiudere. C’è poco da fare: se le banche non pagano, le aziende chiudono. Fine della storia. Un altro problema che affligge le aziende è la pressione fiscale a dir poco asfissiante. Qualcuno ha calcolato – tra imposte, tasse dirette e indrette e balzelli vari – una pressione fiscale che supera l’80%. Su 252 giornate lavorative, 103 riguardano scadenze fiscali, con il record del mese di luglio che prevede ben 45 scadenze. Secondo Confesercenti, seguire tutte queste pratiche costa 285 ore di impegno alle aziende italiane. Chi non ha mai provato ad avviare un’attività in proprio, non può capire. Ho sentito il caso di un barbiere che per poter avviare la sua attività ha perso 6 mesi per portare a termine tutti gli adempimenti burocratici previsti. Per cui il primo anno ha potuto lavorare effettivamente per 4 mesi (escludendo il mese di agosto). L’anno successivo l’Agenzia delle Entrate, armata di studi di settore ha contestato gli scarsi guadagni al malcapitato. Oltre al danno, la beffa.

Insomma, senza dilungarmi troppo, la pressione fiscale asfissiante e la burocrazia kafkiana rappresentano sicuramente una grossa zavorra che impedisce la crescita. Poi dobbiamo considerare le carenze infrastrutturali: difficile aprire un’azienda in zone dove non arrivano nemmeno i treni. Cosa dovrebbe fare allora il Governo Monti? Non certo aumentare le tasse, perché anche i bambini capiscono che se aumenti le tasse diminuiscono i consumi e se diminuiscono i consumi le aziende vendono di meno e se le aziende vendono di meno, alla fine chiudono. Invece di preoccuparsi dell’inutile e costosa TAV, Passera dovrebbe preoccuparsi della situazione disastrata dei treni italiani. Ecco cosa dovrebbe fare il Governo Monti:
  • Abbassare la pressione fiscale
  • Ridurre in modo sostanziale la burocrazia
  • Aumentare la spesa investendo nelle infrastrutture
  • Combattere la corruzione e l’evasione fiscale seriamente
  • Velocizzare i tempi della giustizia, la cui lentezza ci costa 2,3 miliardi di euro
L’esatto opposto di quello che sta facendo. Con il beneplacito di tutti i partiti politici. Questi però sono tutti problemi esterni alle aziende ai quali i singoli imprenditori non possono porre rimedio. Purtroppo però, ci sono altri fattori che determinano la chiusura delle aziende. Fattori che invece dipendono strettamente dalle politiche industriali portate avanti da tali aziende. Eccoli:
  • Incapacità di adeguarsi al mercato
  • Mentalità ottocentesca
  • Problemi infrastrutturali interni al paese
Come facilmente intuibile solo un repentino cambio di rotta in tema di economia e largo consumo potrà portarci fuori da questa durissima crisi.

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